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Murgia sulla sua famiglia queer: “Chi fa sesso con chi? Non è un’orgia perenne”

Di Giovanni Macchi
Pubblicato il 15 Mag. 2023 alle 12:55 Aggiornato il 15 Mag. 2023 alle 12:59

Non la definisce con termini convenzionali, si è limitata a chiamarla “la sua famiglia queer”: Michela Murgia chiarisce sui social il tipo di rapporto all’interno della sua cerchia affettiva, avendo lei deciso di non avere accanto soltanto un compagno o una compagna, ma una vera e propria famiglia non di sangue. “I ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti meglio mai” ha spiegato, aggiungendo: “Usare categorie del linguaggio alternative permette inclusione, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire”.

La scrittrice, che appena una settimana fa ha annunciato di avere un tumore al quarto staio che non le concederà ancora molto tempo per vivere, ha spiegato –dopo essere stata travolta di domande di curiosi – alcuni dettagli in un post su Instagram. “’Ma alla fine, chi scopa con chi?’. Questa domanda compare in decine di messaggi che mi sono arrivati dopo il post sulla queer family – scrive – Potrei dire che il desiderio è personale e ciascuno nel mondo lo vive come e con chi vuole in ogni situazione, compreso chi ha una famiglia tradizionale. Invece la domanda merita una risposta articolata, perché rivela il meccanismo di iper-sessualizzazione che si innesca ogni volta che parliamo di organizzazione dei rapporti in modo ‘non tradizionale’. Perché sessualizziamo così tanto le famiglie non tradizionali e romanticizziamo quelle binarie? Perché legittimare un solo modello implica proprio questo: indurci a pensare che le cose in quella cornice avvengano in modo ‘normale’ e che tutte le altre situazioni siano luoghi senza regole, dove si praticano stravizi sessuali in una specie di orgia permanente e instabile”.

Poi la risposta: “Vi svelo un segreto: esattamente come tutte le famiglie, una famiglia queer è un posto dove si organizza la responsabilità reciproca, non le scopate. Ho trovato casa, per le rate un modo troveremo, organizziamo il lavoro, curiamo le fragilità, ritira la tintoria, bagna le piante, ho preso gli agretti per la cena insieme di domani, mamma ti manda il panettone, non preoccuparti di questo, chiama l’idraulico, ci penso io, ci pensiamo noi. Nessun ‘ti amo’ varrà mai quanto un ‘ci penso io’ – continua – Dentro a questa dinamica ci sono rapporti che visti da fuori appaiono tradizionali e dentro alla famiglia queer si aprono, rivelando potenzialità enormi. La proprietà non si esercita sulle persone. Per chi arriva in questo sistema non è sempre facile”.

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