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    Il rappresentante del governo spagnolo in Catalogna ha chiesto scusa per le violenze della polizia

    Credit: Afp

    Enric Millo è il primo funzionario del governo nazionale a pronunciarsi sugli scontri avvenuti durante il referendum del 1 ottobre

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 6 Ott. 2017 alle 10:18 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:02

    Il rappresentante in Catalogna del governo spagnolo ha chiesto scusa per le violenze perpetrate dalla polizia durante la consultazione referendaria tenutasi il 1 ottobre nella regione e dichiarata “illegale” da Madrid.

    Enrico Millo si è scusato per la violenta reazione da parte della polizia contro i cittadini che cercavano pacificamente di votare.

    “Quando vedo le immagini degli scontri non posso fare a meno di scusarmi per conto degli ufficiali di polizia intervenuti”, ha detto Enrico Millo in un intervista televisiva.

    Questo è stato il primo caso di scuse offerte da un funzionario del governo spagnolo dopo gli scontri che hanno causato quasi 900 feriti, tra cui 33 agenti di polizia.

    Il procedimento contro i Mossos d’Esquadra

    Intanto il capo della polizia catalana, i Mossos d’Esquadra, Josep Lluis Trapero, comparirà oggi davanti ai giudici del Tribunale supremo di Madrid, per difendersi dall’accusa di sedizione.

    Il reato di “sedizione” è presente nel codice penale spagnolo dal 1822 e prevede una pena fino a 15 anni di reclusione.

    Il corpo di polizia guidato da Trapero è inoltre accusato di non aver obbedito agli ordini del governo centrale, che ne aveva assunto il coordinamento insieme a quello della Policia Nacional e della Guardia Civil.

    I Mossos d’Esquadra sono anche accusati di non aver protetto i propri colleghi della Guardia Civil durante le proteste dei manifestanti indipendentisti il 20 settembre 2017.

    Secondo il quotidiano spagnolo El Paìs il procedimento contro Trapero rappresenta un evento unico nella Spagna democratica.

    Un altro ufficiale della polizia catalana e due attivisti per l’indipendenza della regione saranno interrogati in qualità di “sospetti”. I giudici di Madrid hanno interrogato anche il presidente dell’Assemblea nazionale catalana (da non confondere con il parlamento catalano) Jordi Sanchez e il capo dell’associazione culturale Omnium, Jordi Cuixart.

    Entrambi sono attivisti per l’indipendenza della Catalogna. Jordi Cuixart si è rifiutato di rispondere alle domande dei giudici, in quanto non riconosce “l’autorità del tribunale”.

    La convocazione del parlamento di Barcellona

    Intanto continua la battaglia legale tra le istituzioni nazionali di Madrid e la regione autonoma della Catalogna. La tensione tra Madrid e Barcellona è aumentata dopo che il partito autonomista catalano Cup ha annunciato che lunedì 9 il parlamento catalano avrebbe discusso l’indipendenza.

    Soltanto ieri, la Corte Costituzionale spagnola aveva sospeso la seduta del parlamento catalano prevista per il 9 ottobre, dopo che il presidente della comunità autonoma Carles Puigdemont aveva annunciato, in un discorso tenuto mercoledì 4 ottobre, che il parlamento catalano avrebbe preso atto di quanto deciso dal referendum per l’indipendenza.

    Secondo il consigliere responsabile degli Affari Esteri del governo catalano, Raül Romeva però, il parlamento della Catalogna si riunirà comunque lunedì 9 ottobre per discutere dell’indipendenza della regione autonoma dalla Spagna.

    In un’intervista alla BBC Radio, il politico catalano favorevole all’indipendenza ha detto che la crisi si risolverà con politica e non nei tribunali. “Il parlamento si riunirà e discuterà”, ha detto Romeva. “Ci sarà un dibattito, è questo l’importante”.

    Venerdì 6 ottobre, una portavoce del presidente catalano ha affermato che Puigdemont riferirà al parlamento regionale martedì 10 ottobre.

    Intanto, l’esercito spagnolo ha inviato in Catalogna 15 camion carichi di attrezzature per dar manforte ai circa 10mila agenti di polizia e Guardia Civil che si trovano nella regione da giorni.

    L’invio di due convogli militari in Catalogna (ufficialmente per “supporto logistico”) fa pensare che Rajoy sceglierà di reagire con la linea dura.

    “Il governo spagnolo non negozierà su nulla di illegale e non accetta ricatti”, è quanto si legge in una dichiarazione diramata dall’ufficio del premier spagnolo, Mariano Rajoy, subito dopo il discorso del leader catalano.

    “Se il signor Puigdemont vuole parlare o negoziare, o inviare dei mediatori, sa perfettamente cosa fare fare: tornare nella legalità, che non non abbandoneremo mai”, prosegue il comunicato aggiungendo che Puigdemont deve “ritirare la minaccia di secessione da Madrid”.

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