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    Siria, riprendono i negoziati di pace ad Astana

    Il processo di pace di Astana è iniziato nel gennaio 2017 / AFP PHOTO / Alexey FILIPPOV

    Oggi in Kazakistan si sono incontrati i ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia per discutere della guerra in corso da sette anni

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 16 Mar. 2018 alle 21:26 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:41

    I ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia hanno ripreso oggi, venerdì 16 marzo 2018, nella città di Astana, in Kazakistan, i negoziati di pace sulla guerra in Siria, a sette anni esatti dall’inizio del conflitto.

    Si tratta della prosecuzione del dialogo tra tre delle potenze presenti sul territorio in Siria iniziato ad Astana lo scorso anno e proseguito a novembre a Sochi, in Russia.

    Seduti al tavolo il russo Sergei Lavrov, l’iraniano Mohammad Javad Zarif dell’Iran e il turco Mevlut Cavusoglu.

    Al centro dei colloqui, in particolare, la difficile situazione umanitaria nell’enclave ribelle della Ghouta orientale, assediata da ormai un mese dai bombardamenti del regime siriano, che hanno ucciso finora oltre mille civili, ma anche l’offensiva delle forze armate turche sulla città curda di Afrin, nel nord della Siria.

    Nello scacchiere di guerra siriano, la Russia e l’Iran si trovano schierate dalla stessa parte, al fianco del governo guidato dal presidente Bashar al-Assad, fortemente osteggiato invece dalla Turchia.

    Al termine dell’incontro, i tre ministri hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che sottolinea la continuità degli sforzi congiunti volti a ridurre la violenza sul campo. La dichiarazione ha posto un forte accento sull’integrità territoriale della Siria.

    Le parti si rivedranno il prossimo 4 aprile ad Ankara, in Turchia.

    È stato in particolare il ministro russo Lavrov a prendersi il centro della scena, con dure accuse lanciate ai paesi occidentali, in primis agli Stati Uniti.

    In Siria “vediamo che alcuni nostri colleghi occidentali evitano di colpire i terroristi e preservano il loro potenziale militare”, ha dichiarato il capo della diplomazia di Mosca.

    Lavrov si riferisce all’ex ramo siriano di al-Qaeda, il Fronte di al-Nusra, che secondo lui gioca il ruolo di “provocatore negli scenari geopolitici occidentali”.

    Nel comunicato congiunto al termine del vertice odierno, i tre paesi si sono impegnati a continuare a “combattere” al-Nusra e gli altri gruppi associati ad al-Qaeda in Siria.

    Il ministro russo ha poi definito “inaccettabile” un eventuale intervento militare degli Stati Uniti in Siria.

    “Le recenti minacce degli Stati Uniti di condurre attacchi unilaterali alla Siria e alla capitale Damasco in particolare, come accaduto lo scorso aprile dopo che il governo siriano ha dovuto affrontare accuse infondate sull’uso di armi chimiche, sono inaccettabili e inammissibili”.

    Secondo Lavrov, infatti, i ribelli siriani stanno progettando provocazioni con l’uso di armi chimiche per fornire alla coalizione internazionale, guidata dagli Stati Uniti, un pretesto per ricorrere alla forza contro il governo siriano guidato da Bashar al-Assad.

    Nei giorni scorsi, l’ambasciatrice statunitense presso l’Onu, Nikki Haley, aveva denunciato l’atteggiamento della Russia e del governo di Damasco, che “non hanno mai avuto intenzione di applicare una tregua” e aveva avvertito che Washington è “pronta ad agire, se necessario”.

    Nel frattempo, nella Ghouta, che continua ad essere assediata da bombardamenti quotidiani, sono iniziate le operazioni di evacuazione dei civili concordate tra il regime siriano e la Russia, da una parte, e i ribelli, dall’altra, attraverso la mediazione delle Nazioni Unite.

    Quanto all’altro principale fronte aperto, quello di Afrin, oggi, venerdì 16 marzo 2018,  il presidente, Recep Tayyip Erdogan, ha detto che tre quarti della città curda sono sotto il controllo delle forze armate di Ankara.

    Parlando a un congresso locale del partito Giustizia e Sviluppo (AKP) nella provincia orientale di Erzurum, Erdogan ha dichiarato che “1.320 chilometri quadrati dell’area di Afrin sono stati presi sotto controllo e 3.530 terroristi sono stati neutralizzati”.

    Erdogan ha anche aggiunto che “se l’America vuole veramente collaborare con noi contro il terrorismo, deve iniziare rimuovendo i terroristi dall’Est dell’Eufrate”. Per il presidente “gli Stati Uniti hanno dato armi ai terroristi”.

    Ankara ritiene le  milizie curde dell’Unità di protezione popolare (YPG), che controllano Afrin, un gruppo terrorista.

    Le milizie dell’YPG sono state sostenute dagli Stati Uniti, che tuttavia non si sono opposti militarmente all’intervento turco su Afrin.

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