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    Attentati in Nuova Zelanda, l’attentatore: “Sostegno all’italiano Luca Traini”

    Luca Traini. Credit: ANSA

    Nel suo manifesto anti-immigrati il killer cita il neo-fascista condannato per aver sparato contro sei stranieri a Macerata

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 15 Mar. 2019 alle 08:41 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:18

    C’è il neo-fascista italiano Luca Traini tra i terroristi a cui ha detto di ispirarsi uno degli attentatori di Christchurch, in Nuova Zelanda. Il nome di Traini compare anche su caricatore per armi automatiche che l’attentatore ha fotografato e postato sui social poco prima della strage.

    “Sostengo molti di coloro che prendono posizione contro il genocidio etnico e culturale: Luca Traini, Anders Breivik, Dylan Roof, Anton Lundin Pettersson, Darren Osbourne”, si legge in un manifesto anti-immigrati pubblicato dall’attentatore di Christchurch sui social prima dell’attacco.

    Nella città neozelandese decine di persone sono morte in due attacchi condotti da un commando contro due moschee.

    Traini è stato condannato a 12 anni di carcere per tentato omicidio plurimo e danneggiamenti con l’aggravante dell’odio razziale: l’uomo, 29 anni, il 3 febbraio 2018 a Macareta aveva sparato contro sei stranieri per vendicare la morte di Pamela Mastropietro, 18enne romana uccisa in un appartamento di Macerata.

     

    La foto di uno dei caricatori del terrorista: c’è anche il nome di Luca Traini

    Nel corso del processo  Traini ha detto di essersi pentito: “In carcere ho capito che il colore della pelle non c’entra, volevo giustizia per Pamela, non provo nessun odio razziale, volevo fare giustizia contro i pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell’immigrazione”, ha dichiarato l’uomo.

    Il processo per l’omicidio Mastropietro è in corso e vede come unico imputato il nigeriano Innocent Oseghale.

    Il 3 febbraio 2018 a Macerata Traini, armato di pistola si era spostato in auto da un punto all’altro della città e aveva fatto fuoco a caso, prendendo di mira però solo persone nere. Alla fine del raid, prima di consegnarsi avvolto nel tricolore italiano alle forze dell’ordine che gli davano la caccia, si era fermato davanti al monumento ai caduti e aveva fatto il saluto fascista.

    Nel corso del processo gli avvocati difensori dell’uomo hanno parlato di personalità borderline. I legali hanno presentato ricorso contro la sentenza di condanna di primo grado. Traini ha però negato di essere “matto o borderline” e ha ringraziato “giudici e forze dell’ordine che stanno riportando la situazione alla normalità”.

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