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    Spiegateci perché Di Maio non ha ancora detto una sola parola su Hong Kong

    Credit: Ansa

    Il mondo prende posizione contro la Cina dopo la controversa legge sulla sicurezza imposta a Hong Kong e centinaia di arresti dei manifestanti, ma l'Italia resta in silenzio

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 2 Lug. 2020 alle 16:23 Aggiornato il 2 Lug. 2020 alle 16:24

    Cosa risponderà il ministro degli Esteri Luigi Di Maio quando gli chiederanno cosa faceva l’Italia mentre a Hong Kong una decina di manifestanti – inclusa una ragazzina di 15 anni – venivano arrestati per aver violato la nuova legge sulla sicurezza imposta dalla Cina e oltre 300 persone finivano in cella per aver partecipato alle proteste? Dopo l’entrata in vigore del controverso provvedimento voluto da Pechino, molti paesi hanno preso posizione: negli Stati Uniti la Camera ha approvato all’unanimità una legge bipartisan per dare asilo a attivisti a rischio di persecuzione politica da parte della Cina e il Regno Unito ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra ed è pronto ad aprire i confini a milioni di cittadini della sua ex colonia. Anche l’Australia sta considerando seriamente la possibilità di offrire visti e sostegno ai cittadini di Hong Kong. L’Unione europea ha espresso “gravi preoccupazioni per la legge sulla sicurezza nazionale”, mentre altri paesi come Francia, Germania e Giappone si sono fatti sentire in sede Onu a Ginevra.

    Il governo italiano, invece, tace su quanto sta avvenendo nell’ex colonia britannica. L’unico esponente dell’esecutivo che ne ha parlato – peraltro in toni molto morbidi – è il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, che ha invocato il “principio di non ingerenza” negli affari interni degli altri Stati. “Posso condannare l’attuazione di una legge non la legge in sé”, ha detto l’esponente M5S a Radio24. “Voi avete mai visto un Paese straniero condannare un legge fatta in Italia?”, ha aggiunto. “Tu puoi deprecare l’attuazione di una legge fatta in modo tale da pressare l’opposizione, ieri a Hong Kong abbiamo avuto 300 arresti di manifestanti, questo per me è deplorevole, non la legge che è una legge come le altre”.

    Le parole di Di Stefano sono state riferite “di una gravità assoluta” in una nota firmata dal deputato Riccardo Magi (+Europa Radicali) e dal Presidente dei Radicali Italiani Igor Boni. I due autori sottolineano anche che la reazione del governo italiano non sorprende. “Oggi assistiamo al tentativo di cancellare le più elementari libertà e quei diritti umani e civili garantiti da un trattato internazionale firmato e ratificato dalla Cina e che è apertamente violato”, prosegue la nota. “Il sottosegretario Di Stefano vuole discutere di ragioni, di modi e di metodo perché ha dimenticato il significato della parola libertà, sacrificata in nome di una politica estera che vede l’Italia sempre più satellite del gigante cinese“. Magi e Boni concludono scrivendo che presenteranno “una mozione alla Camera dei Deputati, per costringere il governo ad assumere una posizione netta a favore della libertà, dei diritti e della democrazia per i cittadini di Hong Kong e di Taiwan”.

    A chiedere una presa di posizione contro il regime cinese da parte dell’Italia è anche l’opposizione di centrodestra. “Leggi liberticide, centinaia di arresti, violenze, persecuzione delle idee, morte: dopo il virus che ha infettato il mondo, il regime comunista cinese conferma il proprio volto spaventoso con la repressione di Hong Kong”, ha dichiarato il segretario della Lega Matteo Salvini. “Il governo italiano ha il dovere di prendere una posizione chiara e inequivocabile. L’Iran che minaccia Israele, il Venezuela che affama e tortura, la Cina che contagia, massacra e aggredisce Paesi e ricchezze: troppi silenzi, troppi errori, troppa paura. Cosa c’è sotto? Solo incapacità e pavidità o anche altro? L’Italia deve rialzare la testa”. “Siamo tutti cittadini di Hong Kong, libera dalla dittatura comunista che non rispetta i patti”, scrive in un tweet Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia. “Libertà per gli arrestati che chiedono democrazia. La Cina faccia marcia indietro se non vuole perdere definitivamente la sua credibilità”.

    La nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong prevede pene fino all’ergastolo per chi è giudicato colpevole dei reati di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Ieri, nel giorno del 23esimo anniversario del ritorno alla Cina, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la legge: 370 persone sono state arrestate per vari reati, mentre una decina di fermi – incluso quello di una 15enne – sono stati formalmente eseguiti per violazioni delle norme restrittive volute da Pechino ed entrate in vigore ieri.

    Il silenzio del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio su Hong Kong – in imbarazzo perché grande sostenitore dell’Italia nella Nuova Via della Seta e fautore di relazioni sempre più strette con Pechino – unito alla mancata presa di posizione nei confronti dell’Egitto sul caso Regeni, dopo la nuova richiesta della famiglia di convocare l’ambasciatore italiano al Cairo (“Non credo sia la soluzione”, ha commentato sempre di Stefano) porta a chiedersi se il rispetto dei diritti umani per il nostro governo e il nostro Paese abbia ancora qualche valore e se la posizione dell’Italia a livello internazionale possa riscattarsi dalla sudditanza imposta dal “principio” della convenienza economica a tutti i costi.

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