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    In Cina sta per aprirsi il primo processo per molestie sessuali. E il merito è del MeToo e di Zhou Xiaoxuan

    Zhou Xiaoxuan
    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 31 Lug. 2019 alle 16:21 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:43

    MeToo, in Cina al via il primo processo per molestie sessuali

    Se in Cina sta per aprirsi il primo processo per abusi sessuali, una parte del merito va al movimento MeToo e a Zhou Xiaoxuan, una ragazza di 26 anni. All’inizio anche lei si era comportata come molte altre vittime di violenza: in un paese in cui gli abusi sono ancora considerati un tabù, era stata spinta a non denunciare. L’uomo che l’aveva molestata era un pezzo grosso, il volto della televisione di Stato. Una denuncia, le avevano detto, le sarebbe costata molto: il posto di lavoro, la carriera e la credibilità. Perché lei, all’epoca dei fatti, era una stagista e lui era Zhu Jun, il noto conduttore televisivo dell’emittente CCTV con le spalle coperte da uno status sociale intoccabile.

    Il silenzio Zhou Xiaoxuan l’ha rotto dopo quattro anni e dopo avere ascoltato le parole di un’amica, che aveva subito uno stupro. Uno scatto che è stato come aprire una porta: con il nickname Xianzi, la ragazza ha pubblicato su Internet la sua testimonianza di vittima. Quando il conduttore televisivo, che Zhou stava intervistando, le ha messo una mano sotto la gonna e ha cercato di baciarla. Le denunce alla polizia non sono servite a nulla. Anzi: sono stati propri gli agenti a convincerla a farle cadere perché il presentatore veicolava una “energia positiva”.

    La ventenne ha diffuso il racconto prima all’interno di un gruppo di amici su WeChat, poi su Weibo, il Twitter cinese dove la testimonianza è diventata virale. Xiaoxuan è stata citata in giudizio dal conduttore, che si è difeso definendo le accuse una “pura finzione” e chiedendo scuse pubbliche online e sulla stampa, oltre al pagamento di tutte le spese legali.

    “Non mi importa come finirà il processo”, ha detto Zhou Xiaoxuan, che oggi lavora come sceneggiatrice freelance, in un’intervista rilasciata al quotidiano italiano La Repubblica. “Voglio solo che si discuta delle condizioni in cui vivono le donne cinesi, che le vittime di violenza capiscano che non è colpa loro, che possono vivere felici”.

    Il tribunale di Pechino ha fissato solo la prima udienza preliminare e non è chiaro quale sarà l’esito del processo. In Cina, come riporta China Files, non esiste una specifica legge sulle violenze sessuali ma, grazie al movimento #metoo nato dalle donne che hanno denunciato in rete le violenze subite, il governo ha inserito le “molestie” nel codice civile. Zhou, riporta Repubblica, ha potuto cambiare l’accusa, che prima era “violazione della dignità personale”. Il presentatore è sparito dallo schermo ma rischia, al massimo, cinque giorni di carcere.

    Me Too: il significato del movimento femminista contro le molestie sessuali
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