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    Attacco dell’Iran a Israele: ecco cosa è successo nella notte tra il 13 e il 14 aprile 2024 sui cieli del Medio Oriente

    Credit: AGF

    Droni, razzi, duelli aerei, sistemi di difesa missilistici e batterie contraeree. L'attacco dell'Iran contro Israele ha coinvolto almeno otto Paesi. Ecco cos'è successo

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 14 Apr. 2024 alle 12:21 Aggiornato il 14 Apr. 2024 alle 20:26

    La rappresaglia dell’Iran contro Israele per il raid sul consolato di Teheran a Damasco ha prodotto una vera e propria battaglia sui cieli del Medio Oriente, che nella notte tra il 13 e il 14 aprile ha coinvolto almeno otto Paesi. In tre ondate successive, i Pasdaran e le milizie filo-iraniane nella regione hanno lanciato quasi 400 tra droni armati, razzi e missili contro lo Stato ebraico, che però è riuscito ad abbattere il 99 per cento dei bersagli con l’aiuto degli Stati Uniti e dei suoi alleati.

    Alla fine dello scontro, che ha coinvolto anche caccia, sistemi di difesa missilistici e batterie contraeree, i risultati sembrano piuttosto modesti: si è registrato solo un ferito grave in Israele (una bambina di 7 anni colpita alla testa dalle schegge di un razzo della contraerea) e pochi danni a una base militare nel sud dello Stato ebraico.

    Teheran sembra tutto sommato soddisfatta: secondo la missione diplomatica iraniana all’Onu, “la questione può dirsi conclusa” anche se, avvertono i Pasdaran, in caso di reazione da parte di Israele la Repubblica Islamica è pronta a un attacco su scala ancora più ampia. La tensione quindi non si è spenta: il gabinetto di guerra israeliano ha infatti promesso una risposta ma gli Stati Uniti hanno fatto sapere che non sosterranno un contrattacco di Tel Aviv. Intanto, Giorgia Meloni ha convocato per il primo pomeriggio una riunione in collegamento video del G7, che l’Italia presiede, promettendo una risposta “forte”. Ma torniamo agli eventi di stanotte: ecco cos’è successo.

    L’attacco
    Le forze armate degli Stati Uniti sono state le prime nella regione a lanciare l’allarme e ad avvisare Israele dell’imminente attacco che coinvolgeva centinaia di droni e missili sparati dall’Iran contro lo Stato ebraico. Come rivelato oggi dal ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, era stata la stessa Teheran ad avvisare Washington dell’operazione, tramite diplomatici in Belgio e nei Paesi Bassi, prima dell’annuncio sui media di stato della Repubblica Islamica.

    Dopo le 22 del 13 aprile infatti la tv pubblica iraniana rivelava che “vasti attacchi con droni” erano stati lanciati contro Israele. “In risposta ai numerosi crimini commessi dal regime sionista, compreso l’attacco all’edificio consolare di Damasco, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha lanciato decine di missili e droni contro obiettivi specifici all’interno dei territori occupati (Israele, ndr)”, annunciava la televisione di stato, citando una nota dei Pasdaran.

    L’operazione “Honest Promise”, proseguiva l’annuncio, aveva ricevuto “l’approvazione del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale sotto la supervisione dello Stato Maggiore delle Forze Armate”. Pochi minuti dopo, i profili social della Guida suprema della Rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei, pubblicavano ancora una volta la promessa di “punire il malvagio regime (israeliano, ndr)”.

    Poco prima dell’annuncio dell’imminente attacco, le autorità della Giordania, dell’Iraq e del Libano avevano deciso di chiudere il proprio spazio aereo. Una decisione a cui si era accodato anche Israele, vietando il sorvolo del proprio territorio dalla mezzanotte e mezza (00,30) del 14 aprile, chiudendo tutte le scuole e vietando anche assembramenti di oltre mille persone fino a lunedì 15 aprile.

    In seguito, prima sui social e poi sulle agenzie di stampa internazionali, comparivano i primi rapporti sull’avvistamento di decine di velivoli senza pilota entrati all’interno dello spazio aereo iracheno dall’Iran e che, secondo le previsioni, avrebbero raggiunto nelle ore successive lo Stato ebraico.

    Quasi un’ora dopo il portavoce delle forze armate di Israele (Idf), il contrammiraglio Daniel Hagari, confermava per la prima volta l’attacco in corso, annunciando il decollo di “numerosi” aerei da combattimento per contrastare i droni e i missili lanciati da Teheran. Inizialmente, secondo Hagari, l’aeronautica israeliana si era limitata a monitorare il tragitto dei bersagli.

    Soltanto verso l’1,40 (ora locale) cominciarono a risuonare le prime sirene di avvertimento per la popolazione nel sud di Israele, estese subito dopo a varie aree del Paese. Diversi boati sono quindi stati avvertiti sia nel nord che nel sud dello Stato ebraico, così come a Gerusalemme e in molte città della Cisgiordania occupata.

    Qui è cominciato tutto. Le forze armate Usa hanno abbattuto i primi droni iraniani nelle province di Sueida e Daraa, nel sud della Siria, vicino al confine con la Giordania, e poi hanno continuato a colpire altri bersagli sulle alture del Golan e in diverse località della Siria orientale, lungo la frontiera con l’Iraq. Anche gli aerei israeliani hanno colpito i droni e i missili lanciati da Teheran al confine con la Siria e con la Giordania.

    Le stesse forze giordane hanno abbattuto decine di obiettivi entrati da nord nello spazio aereo di Amman, che oggi ha rivelato di aver intercettato nella notte alcuni “oggetti volanti” per “garantire la sicurezza” dei propri cittadini. Altri bersagli sono stati colpiti  in volo sul versante palestinese della Valle del Giordano mentre si dirigevano verso Gerusalemme. Altri ancora sarebbero stati invece intercettati vicino al confine iracheno-siriano dalle squadre della Royal Air Force britannica schierate in Medio Oriente. Anche le forze francesi presenti nell’area avrebbero partecipato quantomeno al monitoraggio dei droni lanciati contro Israele.

    Persino l’Arabia Saudita, secondo The Economist, potrebbe aver giocato un ruolo indiretto nell’intercettare droni e missili diretti verso lo Stato ebraico, visto che il regno arabo dispone di “sistemi di difesa aerea e aerei da ricognizione e rifornimento di fabbricazione occidentale, che sarebbero stati vitali per un’operazione simile”.

    Nel frattempo, il regime di Bashar al-Assad al potere in Siria e alleato dell’Iran aveva messo in allerta i suoi sistemi di difesa terra-aria Pantsir di fabbricazione russa attorno alla capitale Damasco e alle principali basi militari del Paese per paura di un contrattacco israeliano. Anche l’Egitto aveva messo in allerta l’aeronautica e le sue batterie contraeree dopo che il ministro della Difesa iraniano Mohammad Reza Ashtiani aveva minacciato di rispondere a qualsiasi Stato che avesse aperto “il proprio spazio aereo o territorio agli attacchi di Israele contro l’Iran”.

    Gli altri fronti
    La minaccia non arrivava però solo da Teheran. Mentre Israele si preparava ad affrontare i droni e i missili lanciati dall’Iran, cominciavano a risuonare le sirene di allarme anche nella comunità israeliana settentrionale di Snir, al confine tra Siria e Libano. Qui infatti il gruppo armato sciita libanese Hezbollah si era accodato all’attacco dei Pasdaran, lanciando quasi un centinaio di razzi contro una base dell’esercito israeliano sulle alture del Golan.

    Non solo: anche i ribelli yemeniti filo-iraniani Houthi hanno provato a partecipare all’azione. Secondo la società britannica di sicurezza marittima Ambrey, il braccio armato del movimento Ansarullah ha sparato diversi droni armati dallo Yemen contro Israele, coordinando i lanci con Teheran perché raggiungessero alcuni porti dello Stato ebraico contemporaneamente ai missili lanciati dalla Repubblica Islamica.

    Altri lanci sono avvenuti invece dall’Iraq, dove operano numerose milizie. per lo più sciite, che negli ultimi anni si sono alleate con il regime degli Ayatollah. La gran parte di questi razzi e droni però è andata distrutta.

    Un solo ferito e pochi danni
    Tutto è finito intorno alle 2 di notte. Quindi il portavoce delle Idf Hagari ha rivelato che l’Iran aveva lanciato contro Israele almeno 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici e che il 99 per cento di questi bersagli era stato intercettato e abbattuto dalle difese aree dello Stato ebraico e dei suoi alleati al di fuori dei confini del Paese. In seguito, il funzionario ha rivelato che Israele era stato attaccato con un totale di 350 tra droni, razzi e missili per un peso complessivo di 60 tonnellate di esplosivo.

    Nessun drone né alcun missile da crociera, hanno fatto sapere le Idf, è riuscito a entrare nello spazio aereo israeliano. La maggior parte dei razzi invece è stata abbattuta dal sistema di difesa aerea a lungo raggio Arrow. Alcuni però sono riusciti a colpire la base aerea di Nevatim, nel sud di Israele, provocando “danni lievi” ma senza inficiare le operazioni nella struttura.

    Tuttavia, malgrado i risultati esigui, l’attacco non è stato indolore. Una bambina di 7 anni, originaria di una comunità beduina vicino ad Arad, nel sud del Paese, è stata ricoverata in gravi condizioni presso l’ospedale Soroka di Beersheba dopo essere stata colpita alla testa da alcune schegge di un razzo intercettore caduto sulla casa della sua famiglia dopo aver centrato un missile balistico iraniano. Ferita gravemente e operata nella notte, attualmente l’unica vittima dell’attacco di Teheran si trova nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’ospedale.

    In seguito, pur confermando la decisione di chiudere le scuole e di evitare assembramenti di oltre mille persone, il “Comando del Fronte Interno” delle Idf ha avvisato la popolazione che non era più obbligata a restare vicino ai rifugi anti-aerei. A minaccia cessata, anche lo spazio aereo israeliano è stato riaperto intorno alle 7,30 del mattino, così come quelli di Giordania, Libano e Iraq.

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