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    Giornalisti e attivisti sono stati spiati dai governi “autoritari” con il software Pegasus

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 19 Lug. 2021 alle 08:04 Aggiornato il 19 Lug. 2021 alle 14:14

    Avvocati per i diritti umani, giornalisti, attivisti e dissidenti in tutto il mondo sono finiti nel mirino di alcuni governi che puntavano a spiarli tramite i loro telefoni cellulari grazie a un software venduto dalla società israeliana NSO Group e chiamato Pegasus. A rivelarlo è un’inchiesta condotta dal Washington Post e altre 16 testate internazionali, tra cui anche il Guardian.

    L’inchiesta ha evidenziato che i numeri di queste persone sono comparsi in una fuga di dati telefonici, e ciò indica che sono stati selezionati con l’obiettivo di diventare oggetto di sorveglianza da parte dei clienti governativi della società israeliana. Questa ha dichiarato più volte che il software Pegasus, che può accedere a tutti i dati sul dispositivo di un bersaglio e trasformarlo in un registratore audio o video, è pensato per l’uso solo contro terroristi e criminali.

    Nel mirino dei governi, tuttavia, sono finiti anche giornalisti e attivisti. In particolare, il software israeliano sarebbe stato usato dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti per prendere di mira i cellulari di alcune persone vicine a Jamal Kashoggi, il giornalista del Washington Post ucciso e fatto sparire. Ma anche dal governo ungherese di Victor Orban, che avrebbe usato la tecnologia sviluppata da NSO nell’ambito della sua guerra ai media.

    La lista dei numeri di telefono segnalati dall’inchiesta su Pegasus include più di 50mila numeri. L’elenco non identifica chi ha ha deciso l’inserimento dei numeri di telefono o perché, e non è chiaro neanche quanti siano stati i cellulari presi nel mirino o spiati. Fra i numeri identificati finora dall’inchiesta ci sarebbero quelli di diversi capi di stato e premier. Nell’elenco, datato 2016, ci sono poi reporter di varie testate internazionali tra le quali Cnn, New York Times, Wall Street Journal, Financial Times, Voice of America e Al Jazeera.

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