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    Gaza, Israele accetta il cessate il fuoco. Biden: “Grato all’Egitto per la mediazione”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 21 Mag. 2021 alle 08:09 Aggiornato il 21 Mag. 2021 alle 15:11

    GAZA-ISRAELE: PRIMA NOTTE DI TREGUA

    Prima notte di tregua tra Israele e Hamas, che hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco nella serata di ieri, giovedì 20 maggio, quando il Gabinetto di sicurezza israeliano convocato dal premier Netanyahu ha approvato la proposta di tregua all’unanimità. Il cessate il fuoco è entrato ufficialmente in vigore alle 2 ora locale (l’1 italiana). Secondo i giornalisti dell’Afp nella striscia di Gaza sono stati uditi colpi di arma da fuoco, mentre da parte israeliana nessun allarme razzi è stato lanciato nei primi minuti dopo l’inizio della tregua.

    A Gerusalemme sono ripresi gli scontri nella spianata delle moschee, dove, secondo quanto riporta Afp, la polizia è intervenuta con proiettili di gomma e granate stordenti. La polizia israeliana ha dichiarato che centinaia di persone hanno lanciato sassi e bombe molotov agli agenti polizia. Secondo la Mezzaluna rossa, almeno 15 persone sono rimaste ferite negli scontri.

    L’accordo arriva dopo oltre 10 giorni di scontri che hanno provocato numerose vittime, ufficialmente 232 palestinesi a Gaza, di cui 65 bambini, e 12 in Israele, di cui due bambini. Ieri il presidente Usa Joe Biden ha sentito al telefono il suo omologo egiziano Al Sisi, che si è rivelato decisivo nel processo di mediazione. Biden ha definito la tregua come una “opportunità” per riavviare il processo di pace in Medio Oriente affinché “israeliani e palestinesi possano vivere in sicurezza” e precisato che gli aiuti a Gaza arriveranno attraverso Abu Mazen e non Hamas.

    Già giovedì il capo della Casa Bianca aveva alzato la pressione e aveva chiesto una “riduzione da subito del conflitto verso una tregua” insieme a Cina, Francia, Qatar e Giordania che da giorni chiedevano un cessate il fuoco immediato. Ora sarà il Cairo a monitorare il rispetto degli accordi. I capi di Hamas intanto hanno confermato lo stop “reciproco e simultaneo”. Adesso si torna alla situazione di prima: da Hamas Netanyahu pretende la fine del bersagliamento sulle città, lo stop alla costruzione di tunnel verso i villaggi israeliani e la fine delle proteste sul confine.

    L’escalation militare della scorsa settimana era stata preceduta da settimane di violenti scontri per le vie di Gerusalemme tra palestinesi ed ebrei israeliani e forze dell’ordine e da giorni di tensioni presso la moschea di al-Aqsa, considerato uno dei luoghi più sacri dell’Islam. Dopo l’irruzione della polizia la mattina di lunedì 10 maggio, in cui circa 300 palestinesi sono rimasti feriti da gas lacrimogeni, proiettili di gomma e granate stordenti, Hamas ha chiesto il ritiro delle forze israeliane da Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est, e al-Aqsa, entro le 18 dello stesso giorno. Il movimento islamista, che controlla la Striscia di Gaza dal 2007, ha poi lanciato una serie di razzi contro Gerusalemme, a cui Israele ha risposto con un’intensa campagna di bombardamenti nella Striscia.

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