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    Elezioni in Irlanda: ecco chi sono i principali candidati

    I tre principali candidati in Irlanda Credits: frame del dibattito televisivo

    Il partito nazionalista di sinistra Sinn Fein con a capo Mary Lou McDonald potrebbe ribaltare l'establishment. Gli altri partiti (Fine Gael con il leader Leo Varadka e Fianna Fail con Micheál Martin) si trovano con l'acqua alla gola

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 7 Feb. 2020 alle 20:08

    Elezioni Irlanda: i principali candidati

    ELEZIONI IRLANDA CANDIDATI – Sabato 8 febbraio è una giornata molto impegnativa in Irlanda: si torna al voto per la prima volta dopo l’entrata in vigore della Brexit lo scorso 31 gennaio.

    ELEZIONI IN IRLANDA: LA GUIDA AL VOTO DI TPI

    Il primo ministro irlandese (Taoiseach), Leo Varadkar, a Galway presenzierà alla cerimonia inaugurale della città nominata capitale della cultura europea, e, nello stesso tempo, sarà sottoposto al giudizio del popolo irlandese per una tornata elettorale che è vissuta all’insegna di una sola parola: cambiamento.

    Difatti l’Irlanda sta esperendo le stesse condizioni elettorali che determinano il voto nel resto del Continente europeo: un establishment da troppo tempo adagiato su se stesso; uno scollamento sempre più ampio tra le élite e le masse dato anche dalla crescente ineguaglianza. Varadkar e il suo Fine Gael – letteralmente “La famiglia degli Irlandesi” – hanno cercato di intestarsi il cambiamento nel corso della campagna elettorale. Le elezioni in Irlanda presentano candidati già noti alla politica nazionale, anche se, stando ai sondaggi, le sorprese potrebbero avere la meglio sulle certezze.

    Ma vediamo chi sono i principali candidati:

    Elezioni in Irlanda, i candidati

    Leo Vadakar – Fine Gael

    Leo Varadkar, leader del partito Fine Gael, esce dall’esperienza dell’esecutivo in modo controverso. Si è imposto alle precedenti elezioni – instaurando un Governo di minoranza – come il più giovane Taoiseach e il primo gay politico a guidare il Paese. Durante il suo mandato l’economia irlandese ha ottenuto importanti progressi, con il PIL in crescita a tassi maggiori rispetto ad altri Stati UE e la disoccupazione al di sotto del 5 per cento.

    Molto apprezzata è stata anche la sua determinazione nel negoziare con Boris Johnson contro la soluzione del no-deal per la gestione delle frontiere.

    Eppure, il consenso nei confronti della sua politica e della linea del partito è in calo. Ci sono almeno tre fattori che pesano sul sentimento di insoddisfazione nazionale: la riforma delle pensioni, gli scandali sulla gestione sanitaria, l’aumento degli affitti.

    L’incapacità di Varadkar di affrontare queste emergenze, sulle quali grava soprattutto lo slittamento graduale dell’età pensionabile, ha raffreddato l’elettorato.

    Micheál Martin – Fianna Fail

    In corsa c’è anche l’altro partito più tradizionale della politica irlandese, il Fianna Fàil.

    Il suo leader, Micheál Martin, incarna la visione centrista dell’elettorato, puntando, per esempio, ad un processo di riunificazione dell’isola ma più graduale rispetto alla proposta della sinistra.

    Mary Lou McDonald – Sinn Féin

    La vera novità di queste elezioni irlandesi è rappresentata dall’avanzata del partito dei nazionalisti-unionisti di sinistra Sinn Féin. Si guarda con molto interesse al risultato che potrebbe incassare la leader Mary Lou McDonald, che sembra aver raggiunto un gradimento pari al 41 per cento della popolazione.

    L’aumento del consenso di questa formazione politica può essere considerato storica. Il Sinn Féin, infatti, era il braccio dell’Irish Republican Army (IRA) negli anni più drammatici dell’Irlanda. Ora, il partito sembra piacere soprattutto ai giovani, che non hanno vissuti quel periodo così teso della storia nazionale, e che sono piuttosto desiderosi di politiche meno austere.

    La strategia vincente del Sinn Féin poggia su almeno 3 pilastri: la riforma delle pensioni, con ritorno alla soglia di età dei 65 anni, le sovvenzioni per alleviare il caro affitti e aiutare l’edilizia abitativa e, soprattutto, la promessa di un referendum per la riunificazione entro il 2025.

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