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    Coronavirus, la storia del “paziente 206”: il superuntore che ha contagiato oltre 1.000 persone nello Sri Lanka

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 16 Lug. 2020 alle 10:03 Aggiornato il 16 Lug. 2020 alle 19:13

    Coronavirus, nello Sri Lanka un uomo ha contagiato oltre 1000 persone

    Un uomo ha contagiato oltre 1000 persone con il Coronavirus: è quanto sostengono le autorità dello Sri Lanka, accusando il “paziente 206” di aver contribuito a diffondere il Covid-19 in tutto il Paese. La storia ha dell’incredibile se si considera che nello Stato insulare situato nel cuore dell’Oceano Indiano sono stati registrati in tutto poco più di 2600 casi di Coronavirus. Eppure, secondo il governo, circa la metà dei contagi sarebbero da attribuire a Prasad Dinesh, eroinomane 33enne conosciuto come il “paziente 206”. Così come raccontato da La Repubblica, a puntare il dito su di lui sono state le tv nazionali e i social media manager dei funzionari governativi. “Ha fatto enormi danni al nostro Paese e ai nostri sforzi contro la pandemia” ha dichiarato, tra gli altri, il portavoce della polizia Ajith Rohana.

    Secondo la ricostruzione delle autorità, Dinesh, che di mestiere faceva il portatore di moto-risciò, il 5 aprile viene catturato insieme ad un nutrito gruppo di amici tossicodipendenti dagli abitanti del villaggio di Ja-Ela, che lo consegnano alla polizia con l’accusa di aver rubato in un magazzino di noci di cocco. Nel corso dell’arresto, l’uomo si è ferito a una gamba, motivo per cui è stato poi trasportato all’ospedale, dove poi è risultato positivo al Coronavirus. Successivamente, sia i poliziotti che lo hanno arrestato, che gli abitanti del villaggio nonché i suoi complici nella rapina sono stati messi in quarantena. A presidiare la zona, inoltre, sono stati mandati alcuni soldati della Marina. Risultato: i complici di Dinesh sono fuggiti e successivamente, almeno 16 di loro sono risultati positivi al Covid-19, mentre due settimane dopo anche i militari coinvolti nell’operazione hanno sviluppato i sintomi del virus, non prima di essere entrati in contatto con altri commilitori, familiari e amici.

    Basta pensare che il primo marinaio coinvolto nell’operazione a Ja-Ela e poi risultato positivo al Covid-19, si trovava a Polonnaruwa, a circa 200 chilometri dal villaggio, quando ha iniziato ad accusare i primi sintomi. Questo, ha costretto le autorità a isolare ben 12 centri che si trovavano nella vicinanze. Secondo le autorità, dunque, la catena di contagio è da attribuire al “paziente 206”, che avrebbe dato il via alla diffusione incontrollata del virus, infettando oltre 900 marinai e circa 250 civili che in un modo o nell’altro sarebbero collegati al 33enne. Proprio di recente, l’uomo è uscito allo scoperto negando qualsiasi responsabilità. In un’intervista alla Associated Press, Prasad Dinesh ha dichiarato: “Sono stato usato come facile capro espiatorio per i loro fallimenti perché ero un tossicodipendente. Ora nessuno vuole darmi un lavoro. Ma non posso accettare di essere responsabile dell’infezione di così tanta gente, inclusi i marinai”.

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