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    Coronavirus, la Nuova Zelanda lo ha quasi sconfitto in due settimane: ecco come

    Credit Image: © Hagen Hopkins/Xinhua via ZUMA Wire
    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 9 Apr. 2020 alle 19:26

    Coronavirus, la Nuova Zelanda lo ha quasi sconfitto in due settimane: ecco come

    Mentre l’Europa e gli Stati Uniti lottano per abbassare la curva dei contagi dovuti alla pandemia di Coronavirus, c’è un paese che è riuscito a contenere la diffusione in appenda due settimane: si tratta della Nuova Zelanda, che ha adottato una delle strategie più efficaci al mondo. Ad oggi, la Nuova Zelanda conta 1.239 casi accertati di Coronavirus, di cui 317 guariti e una sola vittima (una donna di 70 anni con patologie pregresse). Questo lo rende uno dei paesi con il tasso minore di letalità al mondo. Inoltre, solo poche decine di malati sono in ospedale.

    Come ha spiegato la giornalista neozelandese Anna Fifield in questo articolo pubblicato sul Washington Post, grazie a due settimane di rigide restrizioni, il numero di nuovi contagi in Nuova Zelanda è in costante calo dopo aver raggiunto il picco di 98 contagi il 2 aprile. L’approccio neozelandese, come sottolinea il Washington Post, alla “eliminazione” del virus, anziché al “contenimento”, come stanno facendo gli Usa e altri paesi europei.

    La Nuova Zelanda, che ha 5 milioni di abitanti, ha annunciato la chiusura dei confini il 19 marzo. La prima ministra Jacinda Ardern ha presentato due giorni dopo un piano in quattro fasi, ma nei giorni successivi diversi esperti le hanno consigliato di passare rapidamente all’ultima fase, quella con le restrizioni più severe. Questo nonostante i contagi nel paese fossero ancora un numero contenuto.

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    La prima ministra ha seguito il consiglio degli esperti, così il 25 marzo, quando i casi di persone infette avevano superato i 100, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale. La popolazione era stata avvisata due giorni prima di prepararsi per affrontare un mese di isolamento. Le restrizioni sono state molto severe per tutta la popolazione: scuole chiuse, così come uffici e servizi non essenziali. Le persone possono camminare o andare in bicicletta all’aperto solo vicino casa e devono rispettare le distanze di sicurezza.

    Alle misure restrittive si sono accompagnati un elevato numero di tamponi (la Nuova Zelanda ne ha eseguiti quasi 50mila tamponi dall’inizio dell’epidemia) e misure di tracciamento delle persone venute a stretto contatto con persone poi risultate infette. Queste vengono invitate con una telefonata iniziale a tenere un rigoroso auto-isolamento e poi le loro condizioni di salute vengono monitorate telefonicamente nei giorni successivi. Dal numero iniziale di 173 posti disponibili in terapia intensiva nel paese, il sistema sanitario è riuscito ad allestirne fino a un massimo di 563, nel caso in cui il numero di malati gravi fosse cresciuto.

    La strategia della Nuova Zelanda è stata definita “un trionfo di scienza e leadership” da Michael Baker, docente di Salute pubblica all’Università di Otago e uno dei più autorevoli epidemiologi del paese. “Mentre altri paesi hanno avuto un graduale aumento dei casi, il nostro approccio è stato esattamente l’opposto”, ha spiegato, “con l’intento non di appiattire la curva dei contagi e quindi rallentare la malattia ma di eliminarla del tutto”.

    Ardern ha detto che non era sua intenzione essere un modello per altri, e di aver agito sulla base di ciò che “è giusto per la Nuova Zelanda, per la sua economia e per i suoi cittadini”. La sua strategia, in ogni caso, non è stata lodata solo per il rigore, ma anche per il tipo di comunicazione che ha scelto. Rivolgendosi ai bambini, ha precisato che il coniglietto pasquale e la fatina dei denti svolgono “servizi essenziali”, e quindi possono circolare liberamente, anche se le loro attività saranno rallentate.

    Gran parte del merito ce l’hanno sicuramente anche i cittadini neozelandesi, che hanno rispettato attentamente le regole. Solo 45 persone sono state infatti multate finora per non aver rispettato le restrizioni. A far discutere, nel paese, è stato solo il comportamento del ministro della Sanità David Clark, che si è scusato pubblicamente e ha consegnato le sue dimissioni dopo essere stato visto in spiaggia con la famiglia a 20 chilometri da casa dopo l’avvio della fase 4. La prima ministra ha detto che, anche se in circostanze normali avrebbe accettato le dimissioni, Clark rimarrà ministro finché il paese non sarà uscito dall’emergenza, ma sarà sollevato dal suo ruolo di sottosegretario del ministro delle Finanze.

    Sul futuro dell’epidemia nel paese Ardern si è detta ottimista, ma il governo non si è ancora pronunciato sulla data ufficiale di fine della quarantena. Anzi, ha prorogato lo stato di emergenza per altri 7 giorni, senza alcuna intenzione di allentare le restrizioni fino al weekend di Pasqua. I confini del paese resteranno comunque ancora chiusi a lungo, per il timore dei contagi di ritorno, e sicuramente il fatto che il paese sia composto da due isole con pochi milioni di abitanti favorisce l’isolamento nazionale.

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