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    Coronavirus, l’Europa sottovalutò il rischio pandemia tre giorni prima del caso Codogno: il documento

    Di Antonio Scali
    Pubblicato il 19 Mag. 2020 alle 11:16 Aggiornato il 19 Mag. 2020 alle 11:36

    Coronavirus: “L’Ecdc sottovalutò il rischio pandemia tre giorni prima del caso Codogno”

    Il 18 e il 19 febbraio scorsi in Svezia, a Solna, si tenne una riunione del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc). Meno di tre giorni dopo, a Codogno, venne individuato e riconosciuto il primo caso di Coronavirus nel nostro Paese, dando così inizio ad un incubo che dura da mesi. Il virus stava già circolando in gran parte del Nord Italia, e dopo qualche settimana la sua diffusione sarebbe stata evidente anche nel resto d’Europa.

    Eppure nel corso di quell’importante vertice di febbraio, i membri del Consiglio consultivo dell’Ecdc, i tutori europei della sanità pubblica, minimizzavano i rischi per la salute pubblica causati dal Covid-19. Una pandemia mondiale che finora ha causato centinaia di migliaia di morti e inferto un duro colpo all’economia del Paese. Dei 130 punti conclusivi della riunione, infatti, il Coronavirus ne riguarda solo 20, come testimonia il documento finale di cui sono venuti in possesso Repubblica e El País.

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    Al momento del vertice dell’Ecdc, in Europa ci sono già 45 casi accertati, tra cui i due turisti cinesi a Roma. Eppure per il Centro europeo si tratta di casi locali con infezioni “che sembrano essere lievi”. Per questo secondo l’organismo il rischio per la popolazione viene classificato come “basso” e il rischio per il sistema sanitario come “basso o moderato”.

    Dal documento si legge come i rappresentanti di Paesi come Austria e Slovacchia invitano a non terrorizzare la popolazione, mentre per l’esponente tedesco la strategia finora adottata “non ha funzionato perché le malattie non rispettano i confini”. La rappresentante italiana Silvia Declich dell’Istituto superiore di Sanità si chiede “se gli asintomatici possano trasmettere la malattia e se vadano messi in quarantena”. Inoltre sottolinea come l’arrivo di maggiori dati avrebbe potuto cambiare le cose: “E questo – aggiunge – può accadere molto rapidamente, con un impatto significativo”.

    Nel corso del vertice si discute anche della carenza di dispositivi di produzione individuali (Dpi), ma non si prepara un piano per fronteggiare l’emergenza. Inoltre si mettono a punto solo i criteri che i pazienti da sottoporre a tampone devono soddisfare: devono aver viaggiato a Wuhan. Criteri molto blandi che cambieranno solo il 25 febbraio, quattro giorni dopo le prime due morti in Italia.

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