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    Il Regno Unito vuole impedire la libera circolazione dei lavoratori dopo la Brexit

    Credit: Reuters

    Il governo ha intenzione di implementare regole proprie sull'immigrazione dopo l'uscita del paese dall'Ue

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 27 Lug. 2017 alle 10:54 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:54

    Quando il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, i lavoratori non potranno più circolare liberamente tra le due sponde della Manica.

    “La libera circolazione dei lavoratori finirà quando lasceremo l’Unione europea nella primavera del 2019”, ha detto alla Bbc Brandon Lewis, ministro dell’immigrazione britannico.

    Il politico conservatore ha anche annunciato che entro quella data Downing Street implementerà un nuovo sistema di regole a riguardo.

    “Una volta lasciata l’Unione, il governo applicherà regole proprie sull’immigrazione e stabilirà nuovi requisiti che soddisfino le esigenze delle imprese del Regno Unito, ma anche di una società più aperta”, ha aggiunto la ministra dell’Interno Amber Rudd in un’intervista al quotidiano britannico Financial Times.

    Il Regno Unito dovrà lasciare l’Unione europea entro marzo 2019. Nel frattempo negozierà un accordo che sani la sua posizione debitoria nei confronti di Bruxelles e un altro che preveda regole certe per i successivi rapporti con quegli stati che ancora fanno parte dell’Ue.

    La libera circolazione dei lavoratori è una delle quattro libertà di cui beneficiano i cittadini dell’Unione. Essa include i diritti di ingresso, circolazione e soggiorno dei lavoratori e dei loro familiari e quello di svolgere un’attività lavorativa in un altro stato membro, nonché di essere trattati alla stessa stregua dei cittadini di quel paese.

    Questo diritto, sancito dall’art. 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione – fondata sulla nazionalità – tra i lavoratori degli stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

    In base a dati Eurostat, alla fine del 2012 il 2,8 per cento dei cittadini europei, almeno 15 milioni di persone, soggiornava in uno stato membro diverso da quello di cui aveva la cittadinanza.

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