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    “Smettete di farvi selfie ad Auschwitz”: il duro messaggio del museo del lager nazista ai visitatori

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 23 Mar. 2019 alle 14:48 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:03

    “Smettetela di fare gli equilibristi sulle rotaie di Auschwitz”. Il messaggio perentorio è stato lanciato tramite l’account Twitter ufficiale del museo di quello che fu il terribile campo di concentramento nazista.

    Negli ultimi anni, anche per colpa della selfie mania generale, i visitatori del museo hanno cominciato a postare sui social immagini sorridenti, o scherzi in equilibrio sulle rotaie del lager. Proprio quelle rotaie sulle quali arrivavano i treni carichi di deportati.

    “Non c’è rispetto per l’Olocausto”, hanno più volte dichiarato i responsabili del museo. In quel luogo sono infatti morte oltre un milione di persone e fare selfie davanti alle camere a gas è “di pessimo gusto”.

    Il campo di concentramento è uno dei simboli più importanti per ricordare cosa è successo durante il regime nazista, tanto che anche i licei di tutta Europa vi si recano per il Giorno della Memoria, il 27 gennaio.

    Il sito memoriale della Shoah si è trovato obbligato a lanciare un messaggio del genere contro i propri visitatori: si è trattato di un richiamo al rispetto e al decoro.

    Nel Tweet furioso del museo si legge: “Quando venite ad Auschwitz ricordate che vi trovate in un luogo in cui vennero uccise oltre un milione di persone. Rispettate la loro memoria. Per imparare a fare equilibrismo ci sono posti migliori di un luogo che rappresenta la deportazione e la morte di centinaia di migliaia di persone”.

    Non è la prima volta che un luogo dell’olocausto viene deriso con dei selfie. A Berlino, tra le pietre del memoriale della Shoah, venivano scattate migliaia di foto con estrema leggerezza.

    Per sensibilizzare sul tema, nel 2017, l’ artista tedesco di origine israeliano, Shahak Shapira, lanciò Yolocaust, un progetto fotografico che apponeva i selfie dei visitatori al Memoriale a Berlino, progettato da Peter Eisenman, alle foto scattate nei campi di concentramento.

    Riuscirà l’importanza della memoria ad avere la meglio sul bisogno impellente di scattare un selfie?

     

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