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    Afghanistan, i talebani riprendono le esecuzioni pubbliche negli stadi: “Giustiziati tre uomini in cinque giorni”

    Immagine di repertorio. Credit: AGF

    Dal ritorno al potere a Kabul avevano promesso un'applicazione meno rigorosa della sharia ma ormai sono tornati alle fustigazioni in pubblico e al divieto per le ragazze di andare a scuola

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 26 Feb. 2024 alle 12:43

    I talebani, tornati al potere in Afghanistan dopo la fuga delle truppe Usa e occidentali da Kabul nell’agosto 2021, hanno ripreso le esecuzioni pubbliche negli stadi, giustiziando tre uomini negli ultimi cinque giorni, l’ultimo proprio oggi.

    Nazar Muhammad, condannato alla pena capitale per aver accoltellato a morte un uomo nel gennaio del 2022, è stato giustiziato oggi nello stadio della città di Sheberghan, nella provincia di Jowzjan, nel nord dell’Afghanistan. Secondo un comunicato pubblicato dalla Corte Suprema dell’Emirato Islamico, citato dall’agenzia di stampa locale Pajhwok, l’ordine di esecuzione è stato firmato dal leader dei talebani, Hibatullah Akhundzada, dopo che i tribunali hanno esaminato il caso “con molta attenzione e in diverse occasioni”.

    Il condannato, ha rivelato all’agenzia di stampa Afp un funzionario dell’amministrazione provinciale, è stato colpito cinque volte davanti alla famiglia della vittima, tra cui c’erano anche donne e bambini, e a migliaia di persone riunite nello stadio cittadino. Il 22 febbraio, altri due uomini erano stati giustiziati in modo simile a Ghazni, nell’est dell’Afghanistan. Si tratta, secondo Afp, della quinta esecuzione pubblica effettuata dai talebani dal loro ritorno al potere a Kabul.

    Da allora, il gruppo aveva promesso maggiore flessibilità nell’applicazione della sharia ma in pochi mesi sono tornati alla propria visione oltranzista, impedendo ad esempio alle ragazze di studiare nelle scuole superiori e limitando le possibilità di lavoro per le donne. Le esecuzioni negli stadi erano molto comuni durante il primo regime talebano che governò l’Afghanistan dal 1996 al 2001, quando i condannati venivano uccisi perlopiù per fucilazione o lapidazione, a seconda dei casi.

    Nel novembre del 2022, il leader supremo Akhundzada ha ordinato alla magistratura di tornare ad attuare appieno tutti gli aspetti della legge islamica, comprese le punizioni inflitte secondo il principio “occhio per occhio”, note come “qisas”, e quelle corporali come la lapidazione, la fustigazione e l’amputazione degli arti (il macabro taglio della mano). Negli ultimi mesi sono state infatti eseguite anche diverse fustigazioni pubbliche per altri reati, come furto, adulterio o per il consumo di alcol.

    “Effettuare esecuzioni in pubblico aumenta la crudeltà intrinseca della pena di morte”, ha denunciato Amnesty International, che definisce tale pratica come “un grave attacco alla dignità umana”.

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