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    La strategia del topo – Mosul: cronache dal fronte

    Il diario di Amedeo Ricucci su TPI, che racconta l’offensiva per cacciare l’Isis da Mosul e Raqqa

    Di Amedeo Ricucci, Inviato RAI
    Pubblicato il 13 Nov. 2016 alle 18:59 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:00

    Non costituiscono una rete vasta come quella di Chu Chi, vicino Saigon, né ospitano serpenti, scorpioni o altri animali pericolosi. Ma d’altronde non siamo nella giungla umida del Vietnam bensì nella piana e nella città di Ninive, oggi Mosul, una regione semi-desertica e argillosa, dove per scavare un tunnel non bastano le mani ma servono le perforatrici.

    Eppure, proprio i tunnel si stanno dimostrando in queste settimane un’arma micidiale in mano all’Isis; e sia i peshmerga curdi che i soldati iracheni stanno facendo fatica ad emulare i “tunnel rats”, la famosa unità americana che – ai tempi della guerra del Vietnam – era specializzata prima nel localizzare e poi nel distruggere questi tunnel, possibilmente col nemico dentro.

    Qui, lungo il lungo fronte della battaglia per la riconquista di Mosul, abbiamo visto tunnel lunghi 300 metri che bucavano le montagne e tunnel più corti nei villaggi arabi, yazidi e kakai. Alcuni erano stati concepiti per aggirare le linee nemiche, altri a mo’ di bunker, per resistere ai bombardamenti. Con tanto di impianto elettrico, brande per dormire e ventilatori contro la calura.

    Finora sono stati – assieme alle autobombe e alle mine – l’arma che ha più contribuito a rallentare l’avanzata della coalizione che sta provando a sloggiare l’Isis da Mosul.

    È una bestemmia, lo so, paragonare i miliziani dell’Isis ai vietcong. Quella infatti era una guerra di liberazione nazionale; e quei guerriglieri che se ne stavano rintanati nei tunnel per giorni e mesi, con solo una ciotola di riso e un goccio d’acqua, obbedivano a un ideale che non poteva e non può non essere condivisibile. Ma vedo qui un’abnegazione analoga, anzi maggiore: perché si spinge fino al desiderio di morte, alla ricerca del martirio; ed è quindi più temibile.

    Finita la sbornia della vittoria, annunciata, anche se dai tempi non prevedibili, bisognerà forse rifletterci un po’ di più.

    — LEGGI ANCHE: Mosul: cronache dal fronte (prima puntata)

    — LEGGI ANCHE: Mosul: cronache dal fronte (seconda puntata)


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