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    “La disoccupazione giovanile in Italia aumenta anziché diminuire”: l’allarme dell’Ocse

    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 7 Lug. 2021 alle 14:25

    “La disoccupazione giovanile in Italia aumenta anziché diminuire”: l’allarme dell’Ocse

    La disoccupazione giovanile in Italia è rimasta a livelli molto alti anche nel 2021 dopo essere aumentata rapidamente a causa della pandemia di Covid-19, mentre in altre economie avanzate sta già tornando verso livelli pre-crisi. Lo afferma l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sulle Prospettive occupazionali, pubblicato oggi.

    “L’Italia è uno dei pochi paesi Ocse in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto vicino al suo livello massimo per tutta la primavera del 2021”, afferma l’Ocse, ricordando come il tasso di disoccupazione giovanile nel paese sia salito ulteriormente “da un livello già molto alto”, pari al 28,7 percento, raggiungendo il 33,8 percento a gennaio 2021.

    A livello Ocse invece il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il picco nove mesi prima, ad aprile 2020, salendo al 19 percento dall’11,4 percento di partenza, per poi scendere al 15 percento ad aprile 2021.

    Secondo l’Ocse, nel corso del 2020 il tasso di occupazione si è ripreso “solo leggermente” e lo scorso febbraio l’Italia aveva ancora 945mila occupati in meno rispetto a un anno prima.

    Secondo le stime il tasso di occupazione italiano tornerà ai livelli pre-crisi solo nel terzo trimestre del 2022, in ritardo rispetto alla Germania ma in linea con la Francia e in anticipo rispetto alla media Ocse.

    All’inizio della crisi, l’Italia ha registrato un calo del tasso di occupazione più contenuto rispetto alla media Ocse, con una contrazione di solo un punto percentuale rispetto a diminuzione media di 5 punti. Secondo quanto dichiarato dall’organizzazione con sede a Parigi, questo è stato in gran parte dovuto all’uso diffuso della cassa integrazione.

    Nel rapporto pubblicato oggi, l’Ocse avverte che potrebbe aprirsi un “divario crescente” tra i lavoratori che sono riusciti a superare la crisi attraverso orari ridotti e brevi periodi di cassa integrazione e chi si è invece trovato senza più un lavoro, rischiando di causare effetti a lungo termine sul mercato del lavoro.

    Tra le 38 economie avanzate che hanno aderito all’Ocse, dall’inizio della pandemia, 22 milioni di persone dall’inizio della pandemia non lavorano più. Di questi 8 milioni sono disoccupati e 14 milioni lavoratori inattivi. Alla fine del 2020, tra i paesi dell’Ocse il numero di persone che erano disoccupate da più di sei mesi era aumentato del 60 percento rispetto ai livelli pre-pandemici.

     

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