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    Aumento Iva nel 2020? Ecco cosa può cambiare con la rimodulazione

    Credit: Afp

    Il Governo studia due ipotesi: aliquota più alta per alcuni beni a rischio evasione fiscale oppure sconti per chi paga con le carte. Ma M5S e Renzi frenano: "Nessun aumento"

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 2 Ott. 2019 alle 13:27 Aggiornato il 2 Ott. 2019 alle 14:04

    Aumento Iva nel 2020? Polemiche per l’ipotesi rimodulazione

    Con la Nota di aggiornamento al Def il Governo ha annunciato di aver scongiurato l’aumento dell’Iva per il 2020 con uno stanziamento da 23 miliardi di euro. Il tema, però, continua ad agitare la maggioranza. Si parla ancora, infatti, di una possibile rimodulazione dell’imposta sul valore aggiunto. L’ipotesi, in pratica, è quella di alzare l’Iva su alcuni beni (o per alcune forme di pagamento) e di tenerla al livello attuale (o abbassarla) per altri.

    Fonti di Palazzo Chigi hanno spiegato che l’idea di aumentare l’aliquota per chi paga in contanti e di diminuirla per chi paga con carte (come misura di contrasto all’evasione fiscale) è stata considerata, ma è stata poi scartata.

    Francesco Boccia, ministro agli Affari regionali (Pd), insiste nel dire che andrebbe fatta una rimodulazione dell’Iva,”perché oggi in questa imposta ci sono situazioni ingiuste”. Ma il M5S è categorico: “No a giochini e giri di parole, l’Iva non deve aumentare. Questo governo nasce su due principi fondanti: il blocco dell’Iva e il taglio dei parlamentari. Se uno dei due viene meno, allora si perde il senso di questo governo”. E anche da Italia Viva arrivano avvertimenti contro la possibile rimodulazione dell’imposta.

    Iva: la situazione oggi

    Oggi in Italia ci sono tre livelli di aliquota Iva.

    L’Iva al 4 per cento (aliquota minima), che si applica ai generi alimentari di prima necessità (come il pane, la pasta, il latte e la frutta), all’acquisto della prima casa (non di lusso) e a canone tv, giornali, libri e periodici.

    L’Iva al 10 per cento (aliquota ridotta), che si applica ad alberghi, bar, ristoranti, ad alcuni generi alimentari (carne, uova, dolciumi, birra), all’acquisto di una casa (non prima casa, non di lusso) e agli spettacoli teatrali.

    L’aliquota al 22 per cento (aliquota ordinaria), che si applica in tutti gli altri casi.

    Aumento Iva: cosa prevede la Nota di aggiornamento al Def

    Il Governo Conte bis con la Nota di aggiornamento al Def ha annunciato di aver disinnescato le clausole di salvaguardia che comporterebbero l’aumento dell’Iva dal 2020. Le clausole di salvaguardia determinerebbero, in particolare, l’innalzamento dell’aliquota ridotta dal 10 al 13 per cento e dell’aliquota ordinaria dal 22 al 23 per cento a partire dal primo gennaio. Per scongiurare questo scenario il Governo ha previsto uno stanziamento da 23 miliardi di euro, in modo da lasciare le aliquota Iva invariate.

    “La manovra di finanza pubblica per il 2020 comprende la completa disattivazione dell’aumento dell’Iva”, si legge nel documento approvato il 30 settembre dal Consiglio dei ministri.

    Tuttavia molti analisti hanno avanzato dubbi sulle coperture, ossia sul fatto che il Governo abbia effettivamente trovato il modo di recuperare tutti i 23 miliardi di euro necessari a scongiurare l’innalzamento dell’imposta sul valore aggiunto. L’esecutivo stima di ricavare 2 miliardi dalla spending review, altri 2 miliardi dalle tasse “green” e 7 miliardi dalla lotta all’evasione fiscale. Quest’ultimo punto, in particolare, viene considerato incerto. Nel corso degli anni, infatti, molti governi hanno tentato in vari modi di contrastare l’evasione, ma i risultati sono stati spesso deludenti, e soprattutto difficilmente misurabili.

    Si ritiene, insomma, che nelle pieghe dei conti pubblici non ci siano tutti i 23 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva, ma che si possa arrivare al massimo a 16 o 18. Per questo si continua a dibattere di rimodulazione dell’imposta.

    Iva: come può cambiare

    Quando si parla di rimodulazione dell’Iva le ipotesi sono sostanzialmente due. La prima prevede di alzare le aliquote su alcuni beni (e corrispondentemente abbassarla su altri), la seconda consiste nel tassare in modo più pesante i pagamenti in contanti e alleggerire quelli effettuati con carta di credito o bancomat.

    Quanto alla prima ipotesi, non è dato sapere quali sarebbero precisamente le categorie di beni che rischierebbero l’aumento: nei giorni scorsi si era parlato di alzare l’Iva per prodotti a rischio evasione, ma l’ipotesi non è mai stata confermata.

    Il premier Giuseppe Conte, d’altro canto, ha dichiarato di puntare ad abbassare dal 4 all’1 per cento l’Iva su prodotti alimentari come il pane, la pasta, il latte e la frutta.

    Questa idea del premier si collega alla alla seconda ipotesi sul tavolo, ossia quella di modulare l’Iva a seconda della modalità di pagamento utilizzata. Sui pagamenti in contanti graverebbe un’aliquota più costosa, mentre per chi paga con le carte ci sarebbero sconti: l’aliquota del 4 per cento potrebbe scendere fino all’1 e quella al 10 per cento potrebbe calare fino al 7.

     

     

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    QUI il testo integrale della nota di aggiornamento al Def
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