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Giovani scansafatiche, lavoro e onestà artificiale: se ChatGPT è più obiettivo di media e imprese

Credit: Mohamed Hassan/Pixabay

Abbiamo chiesto a ChatGPT di spiegare perché in Italia i giovani non hanno voglia di lavorare. A differenza di tanti giornali ha saputo confutare questa tesi falsa con dati sulle scarse retribuzioni. Altro che rischio per l’informazione: basta farsi le domande giuste

Di Charlotte Matteini
Pubblicato il 10 Mar. 2023 alle 07:00

Da anni, ormai, i giornali, a cadenza quasi quotidiana, ci raccontano che le aziende fanno fatica a trovare personale. Imbattersi in questi articoli è piuttosto facile: basta aprire un quotidiano a caso, cartaceo o online, nazionale o locale, in un giorno qualsiasi della settimana. Nessuna azienda riesce a trovare il personale di cui necessita. Si lamentano i ristoratori, gli albergatori, i proprietari di stabilimenti balneari, i negozianti, le industrie, praticamente chiunque. Immancabile è l’analisi dell’imprenditore di turno, mai contraddetta dal giornalista che si presta a raccontarne le sorti: i giovani non hanno più voglia di lavorare.

La stessa identica analisi ripetuta negli anni per centinaia di giorni all’anno. A volte fa capolino anche una variante, non meno assurda: i giovani non hanno voglia di lavorare e preferiscono stare sul divano con il reddito di cittadinanza. Il ritratto di un Paese dove decine di migliaia di giovani gozzovigliano per strada a spese dei contribuenti sessantenni, in pratica. Mai una volta che le condizioni proposte dagli imprenditori di turno vengano verificate, mai una volta che le condizioni retributive e contrattuali vengano esplicitate senza dimenticare piccolissimi dettagli come orari ben oltre i limiti imposti dal contratto collettivo nazionale di lavoro di settore, straordinari non retribuiti, stipendi troppo bassi rispetto a quanto richiesto, contratti precari di poche settimane o mesi. No, semplicemente è colpa dei giovani che non hanno voglia di lavorare.

Capacità di analisi

Sebbene questo filone sia ormai totalmente esausto e ampiamente criticato dagli stessi lettori dei giornali che quotidianamente lo propinano, continua a essere proposto senza colpo ferire da praticamente tutti i quotidiani italiani e riproposto dai talk show di ogni rete televisiva esistente. A un certo punto mi è sorto un dubbio: magari sono io che mi sbaglio e hanno ragione gli imprenditori, i conduttori e i giornalisti. Magari esistono dei dati a sostegno di questa tesi, ma io non li conosco. Magari sono troppo ideologica.

Allora per togliermi ogni dubbio ho chiesto a ChatGPT, l’intelligenza artificiale che da qualche mese sta spopolando sul web e che sembra avere una risposta per ogni domanda e che soprattutto sa scrivere testi di ogni tipo e stampo, dal saggio all’articolo giornalistico, come fosse un vero professionista. «ChatGPT, scrivimi un articolo sostenendo la tesi che in Italia mancano lavoratori perché i giovani non vogliono lavorare», ho chiesto. E ho atteso che l’intelligenza artificiale componesse un pezzo simile a quelli che leggo tutti i giorni sui quotidiani.

Ecco come ragiona un robot: ho provato a fargli cambiare idea sul pagare meno i dipendenti ma il programma mi ha messo in guardia sul rispetto delle leggi sul lavoro. Foto di Charlotte Matteini

Diciamo che l’esperimento non è andato propriamente a buon fine. Perché sì, ChatGPT mi ha proposto un testo, ma non era esattamente quello che mi aspettavo. «Negli ultimi anni si è sempre fatta più strada l’idea che in Italia non ci sia personale disponibile per il lavoro. Secondo molti imprenditori e rappresentanti del settore produttivo, i giovani italiani non sarebbero interessati a lavorare e preferirebbero vivere di sussidi ed emigrare all’estero. Ma è davvero così? È vero che i giovani italiani non vogliono lavorare?», inizia così l’articolo vergato dall’intelligenza artificiale, che si pone una domanda che molti colleghi invece non si pongono. «In realtà la situazione è molto più complessa di quanto si possa pensare», prosegue ChatGPT. Incredibile ma vero, ci arriva perfino l’intelligenza artificiale a questa banale conclusione, centrando il fulcro del problema: non trovano personale coloro che propongono retribuzioni e condizioni poco allettanti, molti giovani si trovano a lavorare in condizioni precarie preferendo emigrare all’estero per trovare occupazioni stabili.  

La precarietà, un elemento che ormai quasi nessuno prende in considerazione in questo Paese, eppure è esattamente il problema che sta portando i giovani a sopravvivere con redditi indecenti e discontinui da almeno un paio di generazioni. Così indecenti e discontinui che centinaia di migliaia di cittadini italiani negli anni hanno preferito emigrare all’estero nella speranza di riuscire a costruirsi un futuro migliore. E sorpresa, sorpresa: molti lavorano come camerieri, baristi e cuochi altrove. Fanno proprio quei lavori che qui in Italia non vogliono più fare perché troppo pesanti, come sostengono gli imprenditori. Ecco, la differenza è che all’estero quei lavori li pagano e le condizioni professionali, retributive e contrattuali sono decisamente migliori e rispettose dell’individuo e del lavoratore.

Disciplina automatica

Ho provato e riprovato a far cambiare idea all’intelligenza artificiale, ma non ci sono riuscita. Ho provato anche a chiederle per quale motivo non riuscissi a trovare lavoratori disposti a collaborare con me per 1.200 euro mensili per un monte orario di 60 ore a settimana, come spesso accade nella ristorazione e nel settore turistico. Ebbene, anche su questo punto l’intelligenza artificiale è stata molto chiara sottolineando che le condizioni non sono per nulla allettanti e ricordandomi che potrei avere dei concorrenti disposti a retribuire in maniera migliore i propri collaboratori, quindi i potenziali candidati potrebbero preferire loro. Non solo, a dire il vero. Mi ha anche messo in guardia su un aspetto: in Italia esistono delle norme lavoristiche che impongono dei minimi salariali e fissano un orario di lavoro massimo. Mi ha detto che sono norme che vanno rispettate, pena sanzioni o addirittura la chiusura dell’attività. Mi ha anche ricordato che in alcuni casi lo sfruttamento del lavoro può configurarsi come reato. Incredibile.  

Insomma, ChatGPT è molto più sul pezzo di moltissimi colleghi. Non scrive articoli basati su informazioni false, pretestuose, senza prendere in considerazione tutti gli aspetti complessi che ruotano attorno a questo tema. L’intelligenza artificiale è decisamente più accurata dei molti colleghi che propinano questa narrazione e si pone addirittura delle domande, una cosa che una volta stava alla base di questa professione, ma che da qualche anno a questa parte pare non essere più un elemento così centrale.  

Ovviamente ChatGPT ha ragione, il tema è estremamente complesso ed è riduttivo sostenere che la mancanza di lavoratori abbia a che fare con la presunta mancanza di voglia di lavorare dei giovani italiani. Questa narrazione infatti, negli anni, è stata ampiamente confutata da inchieste, economisti, esperti, dati ufficiali di Istat, Inps, Inail, Ispettorato Nazionale del Lavoro, solo i quotidiani e i talk show non hanno ancora compreso il messaggio.

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