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    “Cani sì, bambini dipende”: il cartello shock in un’osteria di Verona

    Di Giulia Riva
    Pubblicato il 29 Giu. 2019 alle 17:57 Aggiornato il 29 Giu. 2019 alle 18:00

    Verona osteria | “Bambini e cani sono necessari al benessere del Paese come Wall Street e la ferrovia”, diceva il 33esimo presidente degli Stati Uniti d’America, Harry Spencer Truman. Ma pare che a Verona non tutti la pensino così. Lo testimoniano queste fotografie scattate da Valentina, una giovane mamma di passaggio nella città degli innamorati per qualche giorno di vacanza. Sulla porta di un locale del centro, è affisso un cartello in cartone con scritto, in lettere maiuscole, “Cani sì, bambini dipende”.

    L’ingresso in questione è quello dell’Osteria La Mandorla, un ristorante storico a pochi passi dall’Arena cittadina. Famoso per la sua insegna, “vini-liquori Giovanni Zampieri” e per gli aperitivi genuini e a buon mercato. Primo tra tutti, lo Spritz: il drink a base di Prosecco, soda, Aperol e una fetta d’arancia che – nell’immaginario collettivo – rievoca subito il Veneto.

    Il racconto di Valentina – “È un localino caratteristico e blasonato, molto piccolo”, racconta Valentina, “tanto che è normale ordinare da bere e poi consumare all’esterno, chiacchierando sul marciapiede. Io ero in zona con la mia famiglia per assistere al concerto di Ennio Morricone e ho pensato di approfittarne per una breve pausa prima dello spettacolo”, continua.

    “Le mie due bambine, una di 3, l’altra di quasi 7 anni, erano con noi”, spiega a TPI. “Ma mai avrei pensato di portarle in un posto così per trascorrere l’intera serata: è un locale per chi vuole godersi la movida, non per famiglie. Mi è sembrato naturale chiedere a mio fratello di entrare, ordinare per tutti, e poi goderci l’aperitivo all’aperto”.

    “Il cartello l’ho notato solo alla fine”, dichiara, “e l’ho trovato assurdo. Se me ne fossi accorta prima, ce ne saremmo andati: non voglio dare soldi a chi scrive scemenze simili”.

    “Che atteggiamento è?”, si accende. “Ci si lamenta tanto che in Italia non si fanno figli, ma se poi questa è l’accoglienza che viene riservata ai bambini quando si esce di casa, di cosa ci stupiamo?”, domanda.

    La denuncia della mamma – “È da matti non accettare i bambini in un luogo aperto al pubblico”, prosegue, “ma paragonarli ai cani, forse, è pure peggio. E rispettare o amare gli animali non c’entra niente con tutto questo”, denuncia la donna.

    Cosa dice la legge – Bar, ristoranti, pizzerie e pasticcerie sono soggetti al Regolamento per l’esecuzione del Tulps (il Testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza), secondo cui “salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”.

    Ciò significa che gli esercenti possono (e devono) rifiutarsi di servire bevande alcoliche a minorenni, infermi di mente (art 689 c.p.) o persone evidentemente ubriache (art 691 c.p.). Ma non sono previste circostanze diverse in cui si possa negare il servizio ad altri tipi di clienti “senza un motivo legittimo”.

    La norma non specifica quali debbano considerarsi motivi legittimi, il che lascia spazio a interpretazioni. “Il locale è mio, è una proprietà privata e lo gestisco come voglio”, potrebbe ribattere un esercente non incline alla presenza dei più piccoli. Ma dato che si tratta di “pubblici esercizi”, giustificarsi invocando la “proprietà privata”, legalmente, non regge.

    Nessuna risposta dal locale – TPI ha cercato più volte di mettersi in contatto col proprietario del bar per sentire la sua versione dei fatti, ma nulla da fare: “Non è qui, richiami venerdì o nel weekend”, ha risposto una voce maschile all’altro capo del telefono alla prima telefonata. E poi, di nuovo, qualche giorno dopo: “Ah, è lei. Il proprietario non c’è, e qui dobbiamo lavorare. Arrivederci”, ha detto in una manciata di secondi prima di riagganciare.

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