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    Crac Credito Fiorentino, Verdini condannato in via definitiva: si è costituito a Rebibbia

    Denis Verdini. Credit: Ansa

    La Cassazione ha confermato la condanna del politico fiorentino per il crac Ccf

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 3 Nov. 2020 alle 16:09 Aggiornato il 3 Nov. 2020 alle 19:59

    L’ex senatore Denis Verdini si è costituito a Rebibbia dopo la condanna in via definitiva di oggi a 6 anni e mezzo di carcere per il crac del Credito cooperativo fiorentino (Ccf). La sentenza è arrivata dalla quinta sezione penale della Cassazione. A causa della condanna, l’ex senatore di Forza Italia e poi di Ala deve andare in carcere.

    “Purtroppo mi pare non ci siano esiti diversi, per fortuna Verdini è un uomo forte e coraggioso, penso saprà affrontare questa prova”, ha dichiarato a proposito del carcere il suo legale Franco Coppi, aggiungendo che i difensori sono “profondamente delusi” dalla sentenza.

    In primo grado Verdini era stato condannato a 9 anni, una pena ridotta nel luglio 2018 a 6 anni e 10 mesi dalla Corte d’appello di Firenze. Oggi gli ermellini hanno rigettato il ricorso del politico contro la sentenza di appello per quanto riguarda il reato di bancarotta. La Suprema Corte ha eliminato soltanto 4 mesi di pena, dichiarando prescritti i reati di truffa allo Stato sui contributi all’editoria.

    I giudici non hanno quindi condiviso le richieste avanzate ieri dalla procura generale della Corte, secondo la quale per alcune ipotesi di bancarotta andava fatto un nuovo approfondimento con un processo d’appello bis.

    Verdini condannato: il crac Ccf

    Denis Verdini è stato condannato per il crac del Credito cooperativo fiorentino. L’ex senatore fiorentino avrebbe provocato il dissesto dell’istituto di credito attraverso numerose operazioni “anomale”, realizzate con una gestione “ambiziosa quanto imprudente” e con ampi finanziamenti al settore edile, soprattutto nei confronti di società del gruppo Btp.

    Anche gli imprenditori del gruppo Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei sono stati condannati in appello. L’indagine era partita da una relazione dei commissari di Bankitalia che avevano denunciato gravi criticità.

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