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    Vaccini, si avvicina la terza dose. Pfizer ammette: dopo sei mesi il siero è meno efficace

    Credit: EPA/ABIR SULTAN
    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 29 Lug. 2021 alle 11:02 Aggiornato il 29 Lug. 2021 alle 12:55

    Si riapre il dibattito sulla terza dose del vaccino anti Covid: perché l’efficacia di Pfizer si attenua dopo sei mesi, dice uno studio, e perché è molto probabile che serva a immunodepressi e soggetti fragili, ha dichiarato l’immunologo Francesco Le Foche in un’intervista al Corriere della Sera.

    Secondo la ricerca di Pfizer, il vaccino della casa Usa e della tedesca Biontech perde quindi efficacia nel giro di sei mesi: scende dal 96% all’84% secondo i dati pubblicati in preprint non ancora sottoposti a peer-review. Stat News riporta che secondo lo studio in corso su più di 44mila persone, l’efficacia del vaccino nel prevenire qualsiasi infezione da Covid-19 che causa anche sintomi minori è sembrato diminuire di una media del 6% ogni due mesi dopo la somministrazione.

    Inoltre, la terza dose di vaccino Pfizer avrebbe anche un’efficacia maggiore contro la variante Delta del Coronavirus. Una terza dose del vaccino anti-Covid di Pfizer/BioNTech induce “titoli di anticorpi neutralizzanti contro la variante Delta che sono più di 5 volte superiori nelle persone più giovani e oltre 11 volte maggiori nelle persone anziane, rispetto a 2 dosi”, evidenziano i dati diffusi da Pfizer in relazione all’efficacia del vaccino.

    In particolare, i dati pubblicati online indicano che la terza dose di vaccino aumenta l’efficacia di oltre 5 volte nella fascia di età 18-55 anni. Nella fascia 65-85 anni, l’efficacia contro la variante Delta aumenta di oltre 11 volte. I dati fanno riferimento ai test su 23 persone e non sono stati ancora sottoposti a peer review o pubblicati su riviste scientifiche, evidenzia la Cnn.

    Il professor Mikael Dolsten, responsabile del gruppo di ricerca e sviluppo della compagnia, ha definito i primi dati ”incoraggianti”. I livelli di anticorpi dopo la terza dose sono decisamente più elevati anche se si considerano la variante originaria del Covid e la variante Beta, inizialmente isolata in Sudafrica.

    Il gruppo Usa e il suo partner tedesco prevedono di “pubblicare dati più definitivi sull’analisi” degli studi in corso sulla cosiddetta dose ‘booster’, che andrebbe somministrata dopo almeno 6 mesi dal termine del primo ciclo vaccinale. “Tutti i dati – assicurano – saranno condivisi con” le agenzie regolatorie americana ed europea “Fda ed Ema, e altre autorità regolatorie nelle prossime settimane”.

    Secondo Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma, una terza dose di vaccino è sempre più probabile “per le persone che assumono farmaci immunosoppressivi, per i trapiantati e per persone con patologie particolari in cui la risposta al vaccino può essere ridotta”. “Il vaccino – ha detto in un’intervista al Corriere della Sera – non solo mette al riparo il singolo dalla malattia grave, ma riduce la circolazione del virus nella popolazione”.

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