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    Suicidio assistito, iniziata la sedazione profonda per Fabio Ridolfi: “Non siate tristi, per lui è una liberazione”

    Credti: ANSA
    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 13 Giu. 2022 alle 15:57 Aggiornato il 13 Giu. 2022 alle 16:01

    Suicidio assistito, iniziata la sedazione profonda per Fabio Ridolfi: “Non siate tristi, per lui è una liberazione”

    È iniziata la sedazione profonda per Fabio Ridolfi, dopo una lunga battaglia legale per ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Il 46enne, immobilizzato da 18 anni a causa di una tetraparesi, aveva ottenuto il via libera dalle autorità regionali lo scorso dicembre. Tuttavia la procedura era stata bloccata dalla mancata indicazione del farmaco da utilizzare, assente dal parere formulato dal Comitato etico regione Marche. Per questo nelle scorse settimane i legali di Ridolfi avevano diffidato l’azienda sanitaria regionale delle Marche, accusata di inadempienza.

    “Non siate tristi, per lui sarà una liberazione”, ha detto ieri il fratello Andrea, durante la veglia tenuta a Fermignano, nella provincia di Pesaro e Urbino. “Fabio avrà quello che voleva”, ha affermato, tra gli applausi commossi della folla in piazza. Tra i presenti, anche il gruppo heavy metal con cui il 46enne suonava da giovane, che ha eseguito un brano dei Metallica, oltre ai tifosi della Fermignanese, che hanno esibito lo striscione in cui si chiede “rispetto per Fabio”.

    In Italia attualmente l’eutanasia, intesa come somministrazione diretta di un farmaco letale al paziente che ne fa richiesta, costituisce reato mentre è consentito il suicidio medicalmente assistito, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale.

    Nel 2019 questa ha dichiarato che non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio”, a condizione che la persona che ne faccia richiesta sia pienamente capace di intendere e volere, soffra di una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche e sopravviva grazie a trattamenti di sostegno vitale. La Consulta si era pronunciata sul caso di Marco Cappato, esponente dei radicali autodenunciatosi nel 2017 dopo aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, per ottenere l’assistenza alla morte volontaria.

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