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    “Il piano Azzolina? Siamo in ritardo per settembre”: intervista a un preside di periferia

    Classe e mascherine Credits: ANSA

    I dirigenti scolastici potranno decidere molto: la riorganizzazione delle classi, la turnazione e gli orari, la possibile didattica online. Cercando però di garantire un'educazione uguale per tutti

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 27 Giu. 2020 alle 13:57 Aggiornato il 27 Giu. 2020 alle 15:38

    Scuola riapertura, il preside: “Molti alunni rimarranno indietro”

    “Le regole sono arrivate con comprensibile ritardo. Non tanto per i professori, ma per migliaia di famiglie che si devono organizzare. Con questa nuova scuola qualcuno inevitabilmente rimarrà indietro”. Danilo Vicca, dirigente scolastico del liceo artistico Enzo Rossi della periferia est di Roma, è già proiettato a come riorganizzare il ritorno a scuola dei 900 studenti tra le aule e i laboratori.

    La data decisa dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per il grande rientro è il 14 settembre. Alla fine Regioni ed Enti Locali hanno dato il via libera alle nuove linee guida e nel documento sono stati inseriti il distanziamento sociale con gli insegnanti, gli spazi esterni utilizzabili e gli ingressi scaglionati con le lezioni online ancora presenti. Sulle mascherine, invece, si deciderà ad agosto. Abbiamo intervistato il preside Vicca, primo nella graduatoria in tutta Italia nel concorso 2019, per capire meglio come cambierà il mondo della scuola all’indomani della pandemia. Tra dubbi, paure e incertezze.

    È sui presidi che a settembre ricadrà tutta la responsabilità della riapertura. Come applicherà le linee guida del ministero?
    Sarà una grande sfida. Da sempre la sicurezza delle scuole è affare dei dirigenti scolastici, perché come datori di lavoro, noi dobbiamo garantire che tutto vada liscio per studenti, professori e personale. Ma qua si sta parlando di una condizione speciale, una pandemia che ha cambiato tutte le carte in tavola. E allora andrebbero rivisti anche i ruoli, forse.
    Quali sono le sue paure per il rientro?
    Siamo indietro, le linee guida sono state approvate solo ieri. Mentre nel resto d’Europa le risposte sono state più immediate. Ci chiedono turni che non si sa come organizzare, spazi che non si sa come riadibire. La verità è che queste modifiche nella scuola riguardano anche le famiglie, per questo cambieranno l’intera società.
    Perché?
    Perché se si va a scuola di pomeriggio, come fa chi lavora? Come si riorganizza la mobilità? Di tutto questo non si sa niente ancora. Dovremo aspettare per chiarire tutto ciò dovremo aspettare i tavoli e le decisioni delle prossime settimane.

    Pensa che le linee guida della ministra Azzolina siano adeguate? 
    Penso che sia stato fatto il possibile in una situazione disastrata come questa. Alcune cose meno praticabili sono state migliorate nella versione approvata dalle Regioni. Faremo del nostro meglio. Per fortuna il grande pregio della scuola è essere un’importante rete di solidarietà e si lavora sempre insieme con grande entusiasmo con gli insegnanti. Il nostro liceo Enzo Rossi è in prima linea.
    Cosa direbbe alla ministra se ce l’avesse davanti ora?
    Le direi di ascoltare ancor di più, dal basso chi fa davvero le cose ogni giorno. Non c’è da inventarsi nulla: se si sentono le opinioni di presidi e insegnanti si ha un riscontro immediato. Per esempio si sa che il distanziamento è un’utopia: sia nelle scuole elementari con i bambini, ma anche nei licei, dove gli adolescenti vivono di contatti.

    Andiamo nel concreto sui vari punti dell’accordo: i turni differenziati sono fattibili?
    Sugli orari scaglionati ho i miei dubbi… Come faccio a moltiplicare e incastrare le ore se non ho il doppio degli insegnanti? Fortunatamente nelle linee guida si accenna a un organico di 50mila unità in più.
    Oppure ancora, l’obiettivo di avere meno alunni in classe: qua viene fuori l’antico problema delle “classi pollaio”. Come risolverlo?
    Esatto, questa pandemia ha risvegliato alcuni dibattiti importanti. Le classi con 30 alunni non sono fattibili nemmeno senza emergenza sanitaria. Pensi a cosa vuol dire per il nostro liceo dove sono molte le ore in laboratorio….
    La riduzione del distanziamento a un metro aiuta nella riorganizzazione?
    Un po’ sì, sicuramente. Ma non è una questione di distanza, non siamo in Inghilterra o nel nord Europa… In Italia molti edifici sono fatiscenti, le classi rimediate in spazi a volte angusti. Pensare di poter calcolare un metro dappertutto è impossibile. Con l’introduzione della distanza tra le linee boccali, le aule potranno ospitare più studenti, probabilmente non tutti però…

    La didattica online sembrava essere la soluzione…
    C’è stata un’evoluzione anche dell’opinione pubblica su questo. Dopo i primi iniziali entusiasmi, che lasciavano intendere un’introduzione sistematica del digitale nella didattica, ci si è resi conto di quante cose si perdono senza la didattica in presenza. Abbiamo assistito a un preoccupante fenomeno di abbandono scolastico dovuto ai corsi online: le risorse non sono le stesse per tutti. Chi non aveva la connessione ha mollato. E poi attraverso lo schermo l’educazione diventa immediatamente più fredda. Dovremo farne un uso complementare alla presenza in aula a settembre, ma le assicuro che non è la soluzione. Perché la scuola è incontro e relazione.
    Ci vorrebbero più risorse per affrontare tutto questo?
    I fondi ci sono stati erogati, già da aprile le scuole hanno ricevuto i finanziamenti per le piattaforme e per alcuni strumenti come i tablet. Sono anche arrivati stanziamenti per le infrastrutture e per l’edilizia, con l’obiettivo di aumentare la didattica in presenza. Per settembre sì, forse qualche aiuto in più anche da parti degli enti locali renderebbe le cose più facili.
    A livello europeo ogni paese si è mosso da solo, prendendo diverse misure. Nel Nord Europa optano per la scuola negli spazi pubblici all’aperto, in Germani per turni su 7 giorni su 7… Lei a quale modello vorrebbe rifarsi?
    Ho come riferimento il modello francese, perché la Francia è stata molto solerte nel dare risposte immediate. Ha dato priorità alla scuola. Noi siamo in un sistema per cui per raccogliere la pluralità dei punti di vista, non sono state date risposte univoche. Basta pensare alla questione delle piattaforme didattiche, ancora non risolta. In Francia, invece, è stata creata immediatamente una piattaforma unica e nazionale per tutte le scuole. Altra cosa: internet gratis agli insegnanti e agli studenti, una grande reazione alla quale potremmo ispirarci.
    Questa pandemia ha cambiato il volto all’intero sistema scuola, allargando spesso le disparità sociali. Cosa si prevede per l’anno 2020/2021?
    In questo contesto, senza applicazione delle linee guida, qualcuno potrebbe rimanere indietro. C’è lo spettro di una scuola meno democratica, meno aperta a tutti. Meno pronta a aiutare le esigenze delle famiglie che lavorano. È gravissimo se dovesse crearsi un divario tra alunni. Con queste linee guida il rischio sembra scampato. La scuola deve essere accogliente e inclusiva, un servizio per la società e per tutti. Stiamo già lavorando, per la responsabilità che abbiamo come educatori che credono nel lavoro che fanno e nella scuola come comunità.

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