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    Raoul Bova si affida all’ex suocera Bernardini de Pace per l’affidamento dei figli con Rocio: “Fiera del padre dei miei nipoti”

    Nuovo colpo di scena nella vicenda che ha coinvolto l'attore

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 31 Lug. 2025 alle 13:07

    Nuovo colpo di scena nella vicenda che ha coinvolto Raoul Bova: l’attore, infatti, si è affidato all’ex suocera Annamaria Bernardini de Pace per l’affidamento dei figli avuti con Rocio Munoz Morales e anche per la questione relativa alla diffusione degli audio privati con Martina Ceretti. L’interprete, infatti, ha fatto ricorso al Garante della Privacy per diffidare, come riferisce il Corriere della Sera, una serie di soggetti: Fabrizio Corona, Meta, Google, Youtube, Tik Tok, X, Ryanair, insieme con le società di calcio di Napoli e Torino. La legale, insieme al collega David Leggi, ha chiesto l’immediata rimozione di tutti i contenuti riferibili alla vicenda, dalla puntata di Falsissimo di Fabrizio Corona, a Google e Ryanair, e chiedendo di deindicizzare in modo globale la ricerca dei file e la condanna di tutti i soggetti coinvolti a un risarcimento danni di mezzo milione di euro a testa.

    “Sono fiera del padre dei miei nipoti, per questo ho deciso di difenderlo. Lui non ha ceduto al ricatto perché non aveva nulla da nascondere e ha presentato subito la denuncia. Ho apprezzato molto questa sua scelta” ha spiegato Annamaria Bernardini de Pace, mamma di Chiara Giordano, ex moglie di Raoul Bova. Nel documento si accusa la “diffusione illecita, fraudolenta, virale e scellerata di un file audio estratto da una conversazione privata fra lui e un’altra persona, Martina Ceretti, divulgato contro il volere, anzi a insaputa, del reclamante su tutte le piattaforme social e sui motori di ricerca”, “oggetto, insieme all’inveritiera ricostruzione della propria storia anche familiare, della puntata Falsissimo Episodio 13 – Diavoli E Tentatori Parte 1, pubblicata da Fabrizio Corona sul proprio canale YouTube”.

    “Il video – si legge ancora nel documento – allo stato, solo su YouTube conta oltre un milione di visualizzazioni e lo stesso Fabrizio Corona, nei giorni immediatamente successivi, si è compiaciuto pubblicamente di come la puntata nella quale è stata data in pasto a centinaia di migliaia di utenti la conversazione privata fra il reclamante e Martina Ceretti, illecitamente sottratta e illecitamente divulgata, fosse al vertice delle ‘tendenze’, sulla piattaforma Youtube”. In questa vicenda “la diffusione del file audio è stata talmente scellerata e incontrollabile che alcune società multinazionali, come Ryanair, hanno sfruttato le parole del file in questione per fini di marketing. L’illecito consistito nella diffusione di dati privati contenuti nel file audio di Raoul Bova ha avuto l’effetto, da una parte, di garantire profitto alla compagnia aerea, grazie alla spettacolarizzazione di questi contenuti, hanno potuto aumentare la loro visibilità sui social, dall’altra parte, di danneggiare ulteriormente l’immagine di Bova, rendendolo bersaglio di derisioni e pubblici giudizi basati, peraltro, su elementi della propria sfera riservata e familiare. In questa vicenda, la diffusione del file audio è stata talmente scellerata e incontrollabile che alcune società multinazionali, come Ryanair, hanno sfruttato le parole del file in questione per fini di marketing”.

    E “per comprendere le ragioni che hanno probabilmente contribuito alla proliferazione illecita e incontrollata del materiale, è doveroso chiarire che il contenuto del file audio in questione riguardava una serie di complimenti affettuosi che il Signor Bova aveva rivolto alla destinataria del messaggio e, nel farlo, egli è stato percepito, dagli utenti, goffo, imbarazzato e, secondo alcuni, anche fuori luogo per la scelta degli aggettivi usati. È stato proprio l’atteggiamento spontaneo del Signor Bova – originariamente destinato a rimanere nella riservatezza di una chat privata fra due persone – a essere invece strumentalizzato e a divenire oggetto di sarcasmo tagliente e spietato da parte di milioni di utenti del Web”.

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