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    Il grido di dolore davanti al Pio Albergo Trivulzio: “Verità per i nostri morti”

    Manifestazione alla “Baggina”: partecipano anche i parenti di persone ospiti di altre case di riposo. Le testimonianze dirette di uno strazio che dura da mesi

    Di Lorenzo Zacchetti
    Pubblicato il 22 Mag. 2020 alle 21:46 Aggiornato il 22 Mag. 2020 alle 21:46

     

    Manifestazione al Pio Albergo Trivulzio: “Verità per i nostri morti”

    Graziella, Ivana, Bruno, Rina, Guido, Concetta, Renzo, Rosario… la lista continua a lungo, riempiendo il lenzuolo bianco appeso sulla cancellata del Pio Albergo Trivulzio e togliendo il fiato di chi si sofferma a leggere. I freddi numeri che ormai da mesi siamo abituati a sentire nel macabro conteggio di contagiati e vittime del Covid-19 celano storie di persone che non ci sono più, di famiglie che ne piangono la perdita o, nel migliore dei casi, vivono nell’angoscia che la prossima telefonata sia quella che nessuno vuole ricevere.

    Per “celebrare il ricordo dei morti e per testimoniare solidarietà ai vivi” oggi pomeriggio di fronte alla “Baggina” si è svolta la manifestazione organizzata dal Comitato Verità e Giustizia per le vittime del Trivulzio, con la partecipazione di tanti altri familiari di ospiti di RSA, tutti uniti da storie tristemente simili, che hanno trasformato le case di riposo da luogo di accudimento delle persone più fragili a palcoscenico della vicenda più dura e inquietante di questa dolorosa crisi epidemiologica.

    La folla radunata di fronte al PAT non perde il self-control che, in tutta questa vicenda, ha accompagnato il portavoce Alessandro Azzoni e gli altri parenti che ne condividono il destino. Non ci sono richieste di condanne esemplari, né sfoghi di rabbia, ma la giusta esigenza dell’accertamento delle responsabilità e, soprattutto, richieste precise per il futuro, a partire dalla possibilità di effettuare visite protette così da ridare agli anziani ospiti delle RSA almeno quel calore familiare che ormai da mesi non possono ricevere.

    Le testimonianze di chi si impegna in questa battaglia di civiltà sono toccanti, come i fiori portati all’ingresso della struttura, struggente il cartello con scritto “Papà mi manchi” e quello che ricorda la data dell’addio (“15-5-2020 Sei volata in cielo, ciao Mamma”), ma anche inquietanti come la testimonianza della signora Angela, che ha da poco perso la madre, che frequentava il PAT per attività di riabilitazione. Come molti altri parenti di vittime, Angela non ha saputo niente di quanto stesse accadendo, fino a quando non è stato troppo tardi. Nel suo caso, la circostanza davvero incredibile è che Angela ha lungamente lavorato proprio al Trivulzio, fino allo scorso dicembre. Tutti la conoscevano, così come sua madre, ma nessuno ha sentito il bisogno di avvisarla, anche informalmente.

    “Mi hanno tolto la vita”, afferma, mostrando una foto della mamma quando ancora non c’erano ragioni per temere nulla di tutto questo. Un dolore lancinante, soprattutto per chi, dopo una lunga militanza lavorativa, si sente tradito dalla struttura: “Lo hanno fatto per uno scopo ben preciso: per realizzare”, ci dice, con le lacrime agli occhi.

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