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    “Non pensavo che qui ci fosse una guerra contro chi salva le persone in mare. Una vergogna” | Diario di bordo dalla Open Arms

    Credit: Valerio Nicolosi
    Di Valerio Nicolosi
    Pubblicato il 30 Giu. 2019 alle 10:17 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:29

    Open Arms | Reporter di TPI a bordo | Giorno 4 |“Certo che Napoli è davvero lontana dalla zona SAR”, mi dice Antonella, soccorritrice argentina di 28 anni che si trova in Europa da marzo.

    “Tre anni fa ho scritto per la prima volta a Open Arms, sono infermiera professionista e soccorritrice con i brevetti di soccorso in mare. Per me essere qui è un sogno che si realizza”.

    Antonella lavorava in un ospedale di Buenos Aires ma tre anni fa, quando ha scritto per la priva volta a Proactiva Open Arms, non aveva la possibilità di viaggiare.

    “Ho messo da parte i soldi un po’ alla volta e sono venuta in Europa. I primi due mesi ho lavorato a bordo di Astral, il veliero di Proactiva Open Arms, perché ha bisogno di manutenzione straordinaria. L’organizzazione mi ha accolto come una famiglia e non sono più andata via. Poi è arrivata la missione e quando mi hanno chiesto se volessi fare la soccorritrice a bordo ero contenta”.

    Antonella ha una nonna italiana e anche per questo dopo la missione vorrebbe girare un po’ e tra le mete che mi elenca ci sono Roma, Napoli, Firenze e Venezia.

    “Le notizie che arrivano in Argentina sono molto filtrate, non pensavo che qui ci fosse una guerra contro chi salva le persone in mare. Una vergogna, non stiamo commettendo un delitto, non capisco perché i governi facciano così”.

    È difficile spiegare, da italiano, quello che sta succedendo. Le dico che l’odio negli ultimi anni si è diretto verso le persone migranti e che le ONG sono state il capro espiatorio di una continua propaganda. Resta perplessa, soprattutto perché non sa cosa ci si potrebbe prospettare dopo un eventuale soccorso.

    Antonella è di turno in cucina, aiuta Saverio, il cuoco di bordo. In realtà più che “aiutare” dovrei scrivere “parlare” perché per lui cucinare per 20 persone è semplice.

    “Quando sei abituato a cucinare nei ristoranti, gestire così poche persone è proprio facile, quindi se mi fai compagnia e mi lavi le cose va più che bene”.

    Saverio è di Roma, ha iniziato a fare il cuoco dopo la scuola e ha un passato nell’attivismo sociale e politico. Sguardo diretto, parlata romana e carattere molto introspettivo.

    “Sono qui per caso. Un amico cuoco una sera mi ha chiesto: ”Allora, ti imbarchi?” Io ho risposto di si anche se non sapevo bene cosa mi aspettasse”. L’amico cuoco è Lorenzo Leonetti che in passato è stato il cuoco a bordo dell’Astral, la seconda nave di Proactiva Open Arms.

    Credit: Valerio Nicolosi

    “Avevo appena lasciato il ristorante dove lavoravo e di cui ero socio. Erano anni che lavoravo li, prima come cuoco e poi, appunto, sono entrato in società. Poi è arrivato il momento di prendersi una pausa”.

    La pausa Saverio ha deciso di metterla a disposizione della ONG spagnola, cucinando per l’equipaggio e, nel caso di un soccorso, dei naufraghi.

    Intanto sui social arrivano molti messaggi di sostegno e alcuni di insulti, ci ridiamo su ma approfitto per chiedergli: “Sai che quando scenderai di qui, o anche prima, ti diranno che sei un radical chic annoiato dalla vita? Oppure un amico di Soros che guadagna tanti soldi per essere imbarcato?”.

    La risposta è talmente diretta che mi sorprende: “Onestamente non me ne frega niente e penso di aver dimostrato, a chi conosco, di non essere così. Però davvero non me ne frega niente”.

    La cucina di Saverio è ottima, sia per chi è onnivoro che per chi è vegetariano. In una missione che rischia di essere lunga, avere due ottimi pasti al giorno non è per niente male.

    Intanto la nave procede verso sud. A bordo continuano alcune esercitazioni e briefing per vedere tutte le operazioni di soccorso possibili e tutte le possibilità di prima accoglienza sul ponte.

    Ora che la Sea Watch e Mediterranea hanno le navi sotto sequestro, nel Mediterraneo Centrale si muore senza gli occhi delle organizzazioni che tutelano i diritti umani. Per questo è importante arrivare in SAR e fare pattugliamento.

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