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    Mail dei medici di base perse a Torino, il responsabile dell’Asl: “Non sono i tamponi a salvare la vita dei pazienti Covid”

    Credit: ansa foto
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 16 Apr. 2020 alle 12:10 Aggiornato il 16 Apr. 2020 alle 14:48

    Negli ultimi giorni di febbraio e durante alcune settimane di marzo, decine di mail inviate dai medici di base di Torino ai Sisp sono andate perse. Mai ricevute. In quelle mail si segnalavano potenziali casi Covid-19. Cosa è successo e come si recuperano le tracce di quei pazienti?

    Noi di TPI abbiamo contattato il dottor Roberto Testi, presidente del Comitato tecnico scientifico costituito dalla Regione e responsabile del settore di medicina legale nell’Asl unica di Torino (da cui dipendono i Sisp), per ricostruire l’accaduto.

    “Nella vita faccio il medico legale, sto parlando di un servizio che non è neanche il mio, quindi avrei potuto semplicemente dire ‘rivolgetevi all’Asl di riferimento’. Ma posso dire che è successa la cosa più comune in un disastro come questo: sono arrivate talmente tante mail che hanno superato la capacità della casella. Quando abbiamo scaricato la posta, le altre mail non sono arrivate perché erano state rimandate indietro. Per cui qualche persona ha dovuto rimandare le mail una/due volte. Tutto questo è capitato a un servizio di igiene e sanità pubblica il cui compito è chiamare la gente e dire di rimanere a casa”.

    Lei dice che si tratta di alcune decine di casi. Queste persone sono state ricontattate?
    Questa cosa è capitata a un servizio che di norma gestisce 120 casi di malattie infettive e all’improvviso ha dovuto seguire 4.500 persone. È stato un problema di casella postale e quando me ne sono accorto ho telefonato all’informatica dell’azienda e ho fatto aumentare la capacità della casella. Adesso il sistema è stato superato da una piattaforma regionale (Csi) dove tutti i medici di base possono scrivere. Il disservizio sarà durato una settimana, in cui qualche decina di persone avrà dovuto inviare più volte la segnalazione.

    Nella settimana di cui parla, quante sono state le persone che non hanno rimandato la mail?
    Io non potevo leggere quelle mail, dunque non posso saperlo. Dopo di che abbiamo risolto la cosa. Noi non siamo il 112, i Sisp non sono il 112 (il numero delle emergenze ndr), al quale la gente che sta male chiama e noi non siamo a soccorrere, questo deve essere chiaro. Si deve partire dal presupposto che le persone sul territorio devono essere curate dal medico di base, il medico di base le cura, se ha un dubbio chiede al Sisp di autorizzare il tampone. Se il Sisp non risponde per 2-3-4 giorni, il medico di base che pensa che il paziente stia male, lo manda in ospedale. È chiaro che deve esserci un servizio, specie se bisogna fare un’ordinanza di quarantena, ma siamo in una pandemia. A decidere clinicamente su un paziente deve essere il medico di base.

    Chi lavora al Sisp?
    Quelli che lavorano al Sisp sono igienisti, a parte una dottoressa che si occupa di profilassi. Un medico e due infermieri in una settimana si sono trovati proiettati nell’incubo. È una questione di priorità. Il Sisp non prende decisioni cliniche.

    No, però decide per i tamponi.
    Il tampone non guarisce le persone. Serve solo eventualmente a tranquillizzare le persone o a indirizzare l’isolamento di quella persona. Questo è importante e va fatto. Ma non è un’urgenza. Da quando io autorizzo un tampone, a quando viene fatto, passano due giorni. Ormai dopo i primi giorni nessuno si preoccupa più del tampone per un paziente che arriva in insufficienza respiratoria in ospedale, perché a questo punto se è un Covid i medici lo sanno già.

    Le sottopongo la vicenda di Angelo Franzò. I ritardi nel predisporre il tampone e il mancato isolamento dei parenti del defunto, come li commenta?
    È un’altra Asl rispetto alla mia, ma è una cosa inaccettabile. È probabile, anzi sono certo, che è accaduta una cosa simile anche da me. L’unica cosa di cui sono sicuro, è che quel signore non è morto perché non gli hanno fatto il tampone.

    Non crede che il paziente se avesse saputo di avere il Coronavirus si sarebbe fatto ricoverare prima in ospedale, invece di arrivare in quelle condizioni?
    Non c’è un lavoro in letteratura che corredi la precocità del trattamento e della diagnosi con il decorso della malattia. Purtroppo la malattia è bastarda e si presenta in modi diversi. Voglio dire che se il tampone fosse uscito positivo, probabilmente il medico di base gli avrebbe detto comunque di restare a casa e andare in ospedale solo quando peggiorava. Quanto accaduto con le mail è grave per il fatto che non rispondere alla gente lascia le persone nell’ansia. È la cosa che a me dispiace di più. Abbiamo sbagliato e bisogna dirlo. Ma sono certo che non c’è stato un danno.

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