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    Manduria, parla la madre di uno dei ragazzini della baby gang: “Non ha capito quello che faceva”

    Credit: Getty Images
    Di Cristiana Mastronicola
    Pubblicato il 28 Apr. 2019 alle 19:56

    “Come genitori abbiamo fallito”. Si riassume in queste poche parole il pensiero della madre di uno dei 14 ragazzi implicati nella terribile vicenda di Manduria, dove il 27 aprile scorso, dopo 18 giorni di agonia, è morto Antonio Stano, l’uomo vittima dei soprusi della baby gang.

    “Non avevano capito quello che stavano facendo”, ha detto quella madre, in un’intervista rilasciata a La Repubblica. Lei, da genitrice, cerca di prendersi la responsabilità di quanto successo: “Non siamo riusciti a indicare la linea di confine tra il bene e il male”.

    La donna, però, non crede che il figlio sia direttamente coinvolto nelle aggressioni ai danni di Antonio Stano. “Ma io nemmeno se lo vedo, credo che mio figlio abbia toccato un capello di quel signore”, ha riferito al giornale diretto da Verdelli.

    Secondo quella madre, l’unica colpa del figlio sarebbe quella di essere incluso nella “chat sbagliata”. Quella in cui i ragazzini – 12 dei quali minorenni – si scambiavano le immagini dei soprusi e delle aggressioni ai danni dell’uomo.

    “Mio figlio è uno sportivo, non si droga”, ha spiegato ancora la donna. “Non ha mai avuto più soldi in tasca del dovuto, perché non ha mai fatto niente di male. Quali segnali dovevamo avere per capire che c’era qualcosa che non andava?”, chiede la madre, che non si capacita di non essere stata una buona guida per il figlio.

    “Io ho pensato sempre di essere una brava mamma. Ha sbagliato, doveva fare qualcosa che non ha fatto. Arrabbiarsi, dire agli amici di smetterla. Non è stato forte abbastanza. Ma anche noi genitori non abbiamo fatto quello che dovevamo”, ha continuato la donna.

    Alla fine dell’intervista la donna si guarda intorno, guarda dentro la realtà che vivono gli adolescenti del centro di Manduria, 33mila abitanti in provincia di Taranto. “Cominciamo a domandarci che fanno i ragazzi in un centro come questo. Non c’è niente, stanno in giro, davanti ai bar, ha chiuso anche il campo dell’oratorio perché ci sono i lavori. Ho letto che qualcuno ha parlato di noia ma secondo me la questione è diversa: nessuno si occupa di loro. Forse nemmeno noi”.

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