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    Luca Palamara è stato radiato dalla magistratura

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 9 Ott. 2020 alle 13:06 Aggiornato il 9 Ott. 2020 alle 14:11

    Luca Palamara è stato radiato dalla magistratura. La sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (Csm) è arrivata nella tarda mattinata di oggi, venerdì 9 ottobre. Accolta dunque la richiesta del procuratore generale della Cassazione, Pietro Gaeta, che nel chiedere la massima sanzione, ieri, aveva parlato di “gravità inaudita” rispetto ai comportamenti contestati a Palamara. L’ex membro del Csm ed presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) – sospeso da oltre un anno dalle funzioni e dallo stipendio da pubblico ministero di Roma – era accusato di aver tentato di condizionare, per interessi personali, la nomina dei vertici delle Procure di Roma e Perugia. Quello di oggi è il verdetto disciplinare per Palamara, sul quale pende anche un procedimento penale: la Procura di Perugia ha infatti chiesto nei suoi confronti il rinvio a giudizio.

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    “Massimo rispetto per la decisione”, ha commentato Stefano Giaime Guizzi, il consigliere di Cassazione che ha difeso Palamara davanti alla disciplinare del Csm. Guizzi aveva chiesto il proscioglimento da tutti gli addebiti contestati, ritenendo eventualmente più congrua – anziché la radiazione dalla magistratura – la sanzione della sospensione per due anni, “data la pendenza del processo penale”. A chi gli ha chiesto se quella emessa poco fa dal Tribunale delle toghe sia una “sentenza politica”, Guizzi ha risposto: “Assolutamente no”. Prima che la sentenza di radiazione fosse pronunciata, il difensore di Palamara aveva ribadito la contrarietà all’utilizzo nel procedimento disciplinare delle intercettazioni e aveva lamentato dei testimoni richiesti (da 133 a 6), evocando un prossimo ricorso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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    Da parte sua, nella requisitoria precedente alla sentenza, l’avvocato generale della Cassazione Gaeta aveva difeso il lavoro della Procura generale della Suprema Corte, a fronte della “bolla mediatica che vuole Palamara unico capro espiatorio e che parla di processo che sacrifica uno per salvarne mille, catartico come l’acqua del Giordano”. Secondo Gaeta, Palamara “ha avuto un ruolo primario, è stato regista e organizzatore e sceneggiatore della strategia: senza il suo operato non ci sarebbe stata la riunione all’hotel Champagne e l’interlocuzione con Lotti” sulle nomine.

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