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    Domani l’Italia consegna la seconda nave venduta all’Egitto: “Anche Draghi sostiene Al Sisi”

    Fregata Emilio Bianchi. Fonte: Difesaonline
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 9 Apr. 2021 alle 16:01

    La seconda fregata multimissione Fremm, facente parte dell’accordo di vendita per due navi militari perfezionato durante il 2020, sta partendo alla volta dell’Egitto. Secondo indiscrezioni raccolte da Rete Italiana Pace e Disarmo e Amnesty International Italia, la nave, il cui nome è stato mutato in Bernees e con il numero di immatricolazione egiziano 1003, dovrebbe completare oggi l’imbarco degli armamenti. In programma per domani invece il momento finale della consegna alle forze armate di al-Sisi dopo la cerimonia di cambio bandiera avvenuta in queste ultime ore: la nave era, infatti, inizialmente destinata alla Marina Militare italiana con il nome “Emilio Bianchi” assegnato al varo del gennaio 2020. Anche se non dovesse concretizzarsi nella giornata di domani la consegna appare comunque imminente: da circa metà febbraio dai cantieri navali presso La Spezia sono state eseguite diverse uscite in mare di collaudo finale e soprattutto di addestramento per l’equipaggio della Marina Militare egiziana.

    “Questa notizia conferma in maniera evidente come non ci sia stato alcun cambio di rotta rispetto alle decisioni dello scorso anno e che anche il Governo Draghi, cui è in capo la responsabilità dell’autorizzazione finale alla consegna, dopo la concessione della licenza di vendita nel 2020 da parte del Governo Conte, ha deciso di continuare a sostenere il regime egiziano con forniture militari”, scrivono le due organizzazioni. “Una scelta che Amnesty International Italia e Rete Italiana Pace e Disarmo continuano a condannare e a considerare non solo inaccettabile e insensata, ma anche contraria alle norme nazionali ed internazionali sul commercio di armi che l’Italia ha sottoscritto e che dovrebbe rispettare”.

    “La vendita di queste navi configura una serie di problemi e violazioni che le nostre organizzazioni hanno segnalato da tempo – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore delle campagne di RiPD – cui nelle ultime settimane si è aggiunta anche l’evidenza di una perdita economica non indifferente, al contrario di quanto sostenuto da diversi esponenti politici come giustificazione dell’accordo”. La coppia di navi è infatti costata allo Stato italiano – che ora attende i rimpiazzi – circa 1,2 miliardi di euro compresi gli interessi pagati sui mutui, ma secondo notizie di stampa l’accordo di rivendita avrebbe un valore di soli 990 milioni di euro, senza contare i costi di smantellamento dei sistemi di standard NATO già installati.

    “La fornitura delle Fremm – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) – non è mai stata sottoposta all’esame delle Camere. Si tratta di un passaggio fondamentale richiesto dalla normativa vigente (la legge n. 185 del 1990) e oggi ancor più necessario in considerazione delle trattative in corso con l’Egitto per altre fregate Fremm, pattugliatori, caccia multiruolo e aerei addestratori che consoliderebbero la posizione del regime di al-Sisi come principale acquirente di sistemi militari italiani. Rinnoviamo pertanto la richiesta al Governo di presentare l’intera materia alle Camere ed esortiamo il Parlamento a richiedere con urgenza un dibattito approfondito sulle esportazioni di sistemi militari all’Egitto”.

    Cosa prevede la commessa

    La commessa contiene l’arsenale bellico del declamato made in Italy: due fregate multiruolo Fremm, originariamente destinate alla Marina miliare italiana (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), ma anche altre quattro navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Un contratto, il maggiore mai rilasciato dall’Italia dal secondo dopoguerra, che farà dell’Egitto il principale acquirente di sistemi militari italiani. Un affare da 9 miliardi di euro. Qui abbiamo spiegato le possibili violazioni della legge 185 del 1990. 

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