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    Giuseppe Remuzzi lancia l’allarme: “Coronavirus meno letale, ma ora abbiamo un nuovo genere di malati”

    Secondo il medico il Covid-19 uccide di meno, ma è cambiato il modo in cui si manifesta. Questa, a suo parere, sarà la vera sfida da affrontare nel prossimo autunno

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 29 Mag. 2020 alle 09:38

    L’esperto: “Coronavirus è meno letale ma ora abbiamo un nuovo genere di malati”

    “Il Coronavirus è meno letale, ma in compenso abbiamo un nuovo genere di malati che faticano a guarire”: a lanciare l’allarme per una possibile trasformazione del Covid-19 è Giuseppe Remuzzi, medico e direttore direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS. Intervistato dal Corriere della Sera, l’esperto ha confermato che, a suo dire, il Coronavirus ha subito un cambiamento. “Siamo passati dagli 80-120 ricoveri al giorno, tutti con grandi difficoltà respiratorie, a zero nuovi arrivi per Covid-19 negli ospedali” afferma Remuzzi che poi aggiunge: “È cambiato il modo in cui si manifesta. Forse siamo di fronte a una riduzione della carica virale. Quando è molto elevata, la malattia di solito è grave. Ora non succede più, non come prima, almeno. Al punto che gli studi italiani sui farmaci per combattere il virus sono in difficoltà perché non si trovano più malati”.

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    Remuzzi è convinto che il virus sia meno aggressivo perché “adesso si ferma nelle alte vie respiratorie, e non raggiunge più gli alveoli polmonari, provocando il disastro che abbiamo visto nei mesi scorsi. È verosimile che questo dipenda da una carica virale inferiore”. Merito anche dell’utilizzo della mascherine che “riducono in modo importante la quantità di goccioline con particelle virali trasmesse da una persona all’altra. Assieme al mantenimento della distanza e al lavaggio frequente delle mani sono la prima ragione di questo affievolimento”. Tuttavia, il numero sempre minore di malati di Covid-19 in Italia secondo Remuzzi sono da attribuire al fatto che “il virus non produce più la polmonite interstiziale”.

    Se il virus uccide di meno, però, è anche vero, secondo il medico, che “in compenso abbiamo un altro genere di malati. Persone infettate in passato che stanno anche bene, sono curate a casa, ma hanno addosso una malattia che è diventata persistente e imprevedibile, che alterna sintomi respiratori ad altri come fragilità ossea, perdita di olfatto e sapori, stati febbrili altalenanti, e soprattutto sembra non finire mai”. Un po’ come se il Covid-19 avesse creato una terra di mezzo osserva l’intervistatore, al quale Remuzzi risponde: “Esatto. Gente a casa da cinque mesi in attesa dell’esito negativo del tampone. In vista dell’autunno e anche oltre, la vera sfida per l’autorità sanitaria sarà la gestione e l’assistenza di questa intera popolazione di persone che non sono ricoverate ma non sono neppure guarite. È su questo che si misurerà la nostra capacità di ripartire davvero”.

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