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    Coronavirus, Ricciardi (OMS) a TPI: ”Perché così tanti morti in Italia? Il punto è la codifica del decesso: solo per una minoranza il virus è la vera causa”

    “Quando arriverà il picco? A fine marzo o inizio aprile. Ma se paragoniamo l'Italia alla Cina siamo fuori scala, pensate all'Italia come alla provincia cinese dello Hubei e alla Lombardia come a Wuhan. Vedo però ancora troppi assembramenti ingiustificati, c’è troppa gente sui mezzi pubblici. Se si continua così servirà un rinforzo delle misure. I tamponi? Bisogna farli a tutti i sintomatici”. Intervista a Walter Ricciardi, membro italiano nel board dell'Oms e consulente del Governo

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 20 Mar. 2020 alle 14:20

    Coronavirus, perché tanti morti in Italia? Intervista a Walter Ricciardi

    Aumenta il bilancio di vittime dell’epidemia di Coronavirus in Italia, che dal 21 febbraio a oggi, dopo quasi un mese dal primo contagio nel focolaio di Codogno, ha provocato oltre 3.405 morti e infettato 41mila persone, 19mila di queste nella sola Lombardia. Con l’ultimo bilancio rilasciato ieri, giovedì 19 marzo, dalla Protezione Civile, l’Italia è diventata ufficialmente il Paese al mondo con il maggior numero di vittime a causa del Covid-19, superando addirittura la Cina, dove anche se il totale dei casi equivale al doppio di quelli rivelati in Italia, il bilancio dei morti è pari a 3.245.

    Ma per Walter Ricciardi, rappresentante dell’Italia nell’Executive Board dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e consulente speciale del ministero della Salute sull’epidemia, paragonare l’Italia alla Cina nel bilancio delle vittime, può essere fuorviante. Il medico, ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ha spiegato a TPI che ragionare in questi termini non è del tutto corretto.“Non dobbiamo paragonare l’Italia alla Cina, ma l’Italia all’Hubei e la Lombardia a Wuhan, perché se paragoniamo l’Italia alla Cina siamo fuori scala. In Cina l’epidemia ha coinvolto un territorio di 60 milioni di abitanti, significa che il cuore del focolaio epidemico è grande come la Lombardia e che il denominatore è più o meno lo stesso, e la dinamica è più o meno la stessa, con il rallentamento che stiamo osservando anche in Italia”, dichiara a TPI.

    Eppure in Italia non solo ora ci sono più morti, ma il tasso di letalità è molto più alto rispetto alla provincia dell’Hubei. Perché?

    La letalità, ovvero il numero di morti rispetto ai contagiati, è più alta, e per questo ci sono due spiegazioni. La prima è l’età della nostra popolazione: l’età media dei pazienti ricoverati a Wuhan era di 46 anni, la nostra è superiore ai 63 anni, e quando hai in ospedale pazienti più anziani hai conseguenze più pericolose dal punto di vista della prognosi. La seconda spiegazione la si può dare non tanto guardando alla Cina, ma agli altri Paesi europei: la codifica delle morti, che si effettua su base regionale ed è molto generosa nell’attribuire al virus la causa diretta di mortalità. Ma come dimostrano le procedure di verifica dell’Istituto Superiore di Sanità, solo per una minoranza di casi il virus è stata la causa diretta della morte, anche se ha certamente infettato e ha scatenato un peggioramento di condizioni. Queste sono le considerazioni che vanno fatte.

    Tutti aspettano il “picco” dell’epidemia in Italia perché, da quel momento, i numeri dovrebbero iniziare a calare. Ma non lo abbiamo ancora raggiunto: quando arriverà e quante altre persone saranno contagiate fino a quel momento?

    Il picco è funzionale a quanto noi osserviamo le misure, se non le osserviamo lo raggiungeremo tra tantissimo tempo, se invece siamo conformi alle regole potremmo vederlo arrivare a breve. L’esperienza cinese ci dice che loro lo hanno ottenuto dopo circa 2 mesi dall’insorgenza. Ma se non osserviamo le regole e usciamo di casa favorendo gli assembramenti i casi continueranno ad aumentare, se sostanzialmente siamo bravi aumenteranno molto meno. Ma possiamo aspettarci che arriverà a fine marzo o inizio aprile.

    Dunque se la curva del contagio è ancora in aumento è responsabilità di chi esce a fare jogging o va a fare la spesa?

    Non chi va a correre e fare la spesa, ma chi partecipa ad assembramenti in maniera incontrollata tra più di due persone: già 3, 4, 5 persone insieme sono tante, anche i mezzi pubblici sono troppo affollati, non bisogna prenderli se non per andare a lavoro. I dati (approssimativi) sulla mobilità ci dicono che il 40 per cento di persone usa ancora i mezzi pubblici, questa è una percentuale ancora troppo alta.

    Per questo è favorevole a una stretta sulle misure e sui controlli da parte del governo?

    Si. Noi siamo diversi rispetto a cinesi, ai coreani o ai giapponesi: lì le regole venivano rispettate. In Corea e in Giappone attraverso il controllo sociale, perché chi usciva veniva stigmatizzato; in Cina con l’esercito. Da noi questo non succede. Ma se si continua a stare fuori bisogna fare in modo che ci sia un rinforzo delle misure e dei controlli.

    Cosa pensa dell’invito di Fontana a eseguire tamponi a tappeto? Perché l’Oms dal primo momento ha scoraggiato i test sugli asintomatici? 

    Sono sostenitore del modello coreano, che ha previsto test solo per i soggetti sintomatici nel momento di insorgenza, li ha testati e attaccati attraverso le proprie tecnologie. Dunque bisogna fare test nel modo giusto a tutti i sintomatici, a tutti però. Questa è la strada tracciata delle migliori menti del mondo, consigliata dall’Oms e implementata nei Paesi che hanno preso decisioni sagge e dimostrato con i fatti di saper controllare l’infezione.

    Perché Bergamo è diventata il cimitero dell’epidemia in Italia secondo lei?

    Bergamo è una provincia che ha una serie di caratteristiche: popolazione particolarmente anziana distribuita in tutta la provincia, molto movimento dal punto di vista di spostamenti e un alto tasso di produzione. La combinazione di questi due elementi ha determinato da una parte l’insorgenza molto rapida e dall’altro un tasso di mortalità molto alto, proprio per i motivi legati all’età di cui parlavamo prima.

    Il Coronavirus è diventato un problema globale, come si stanno muovendo i Paesi europei? È già troppo tardi?

    L’Europa si sta muovendo con ritardo, ma si sta muovendo, i Paesi in un primo momento restii stanno cercando di recuperare: non è troppo tardi, questa epidemia durerà ancora per i prossimi mesi, non andrà via presto, quindi non è assolutamente troppo tardi.

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