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    Carola Rackete, l’Antigone dei giorni nostri: la tragedia di Sofocle e il conflitto tra autorità e potere

    Di Claudia D'Urso
    Pubblicato il 2 Lug. 2019 alle 14:44 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:28

    CAROLA RACKETE ANTIGONE – Sofocle, nella tragedia greca dell’Antigone, illustrava l’eterno conflitto tra autorità e potere: fino a che punto possono considerarsi legittime le norme positive?

    Nel contrasto tra Antigone e Creonte ci si riferiva proprio alla disputa tra leggi divine e leggi umane: le àgrapta nòmina, il corpus di leggi consuetudinario, e ritenuto di origine divina, e il nòmos, il corpus di leggi della polis, sostenuto da Creonte.

    Carola Rackete | La storia di Antigone

    La storia racconta di Antigone, sostenitrice delle leggi divine, che decide di dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice, contro il volere del nuovo re di Tebe, Creonte.

    Condannata a vivere il resto dei suoi giorni imprigionata in una grotta dal re, Antigone decide quindi di suicidarsi, impiccandosi. Creonte aveva malauguratamente deciso troppo tardi di liberarla, portando al suicidio suo figlio Emone, promesso sposo di Antigone, nonché sua moglie Euridice.

    Antigone aveva sostenuto quindi, analogicamente alla capitana Carola Rackete, che un decreto umano non poteva non rispettare una legge divina, non scritta: al contrario Creonte, espressione di una volontà tirannica, si era posto al di sopra di ogni legge umana e divina.

    Carola Rackete | L’Antigone dei giorni nostri

    La tragedia ricalca proprio l’immagine di Carola Rackete, che, come Antigone, decide di contravvenire ad un ordine di una pubblica autorità, al fine di salvare le vite umane dei migranti.

    Le vesti del personaggio femminile di Antigone, che decide di disobbedire ad una volontà tirannica del tutto illogica ed irragionevole, si addicono perfettamente alla capitana tedesca, l’eroina dei giorni nostri, la donna tanto odiata da Salvini, che forse, come Creonte, nel volerla contrastare a tutti i costi, potrebbe pentirsi di tanta scelleratezza.

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    Le domanda che dovrà porsi il lettore sono quindi le seguenti: fino a che punto il decreto sicurezza di Salvini è legittimo? La capitana Rackete, è colpevole o innocente circa i reati a lei contestati?

    In primo luogo, secondo il principio di presunzione di innocenza, nessuno può essere considerato colpevole fino ad una sentenza definitiva di condanna: è legittimo difendersi fino al terzo grado di giudizio. Carola/Antigone, è quindi ancora innocente, fino a prova contraria.

    Ed ancora, il sistema di tipo gerarchico, che caratterizza il nostro ordinamento giuridico, è improntato al rispetto della Costituzione. E’ quindi bene ribadire che le nostre leggi devono necessariamente rispettare la nostra Carta costituzionale, a scapito di una pronuncia di illegittimità in caso di contrasto, sancita dalla Corte Costituzionale in caso di rinvio in via principale o incidentale e nel caso di questione di rilevanza e manifesta fondatezza.

    Il nostro sistema è improntato al principio di legalità, al fine di evitare ogni sopruso di un potere tirannico e autoritario che voglia porsi al di sopra della nostra legge. Un Creonte dei giorni nostri, pertanto, avrebbe una vita alquanto difficile. Perché la nostra Costituzione esiste, è stata scritta con criterio dai nostri Padri Costituenti dopo un periodo buio della storia d’Italia, in cui il potere non era vincolato al rispetto di nessuna legge.

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    Carola Rackete | Presunta innocente

    Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, in sede di conferenza stampa, ha affermato che per la Sea-Watch, non possa essere invocato lo stato di necessità. La Capitana Carola avrebbe quindi agito secondo coscienza e volontà, con l’intenzione di ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, e quindi con dolo.

    L’elemento soggettivo del dolo, implica che il soggetto attivo del reato agisca con una condotta sorretta da coscienza e volontà. I reati contestati sono rifiuto di obbedienza a nave da guerra, resistenza o violenza contro nave da guerra e navigazione in zone vietate.

    Il nostro ordinamento giuridico contempla allo stesso tempo le c.d. cause di giustificazione, come lo stato di necessità, che escludono qualsiasi punibilità in ordine al fatto di reato contestato, qualora sussistano i presupposti. L’art. 54 c.p. afferma che: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esserci stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

    Il giudizio di bilanciamento operato dal Giudice del merito, sarà quindi improntato alla verifica del rispetto del principio di proporzionalità tra il pericolo lamentato e il fatto compiuto.

    Le minacce di suicidio degli immigrati a bordo cui la Capitana faceva riferimento a bordo della Sea Watch, giustificano perfettamente la sua condotta. Carola ha inoltre dichiarato che non voleva colpire la motovedetta della Gdf.

    Carola Rackete | Cosa succederà alla capitana?

    Il processo è ancora del tutto in divenire, ancora siamo in sede di udienza per la convalida dell’arresto, Carola è stata interrogata con la presenza del suo avvocato difensore innanzi al giudice per le indagini preliminari. Diversamente, qualora le fosse stato contestato un fatto sorretto da una condotta di tipo colposa, si dovrebbe verificare se il soggetto attivo del reato avrebbe potuto prevedere od evitare il fatto compiuto nella sua materialità, alla stregua dell’homo eiusdem professionis et condicionis, considerato in diritto penale come l’agente modello di riferimento, la persona scrupolosa che opera secondo i criteri della prevedibilità ed evitabilità dell’evento.

    Carola, secondo la Procura, avrebbe quindi intenzionalmente e volontariamente causato il pericolo, senza che vi fosse alcuna necessità di salvare le vite a bordo.

    Ed è qui, che forse dovremmo invocare le leggi divine tanto difese da Antigone, che arriva a suicidarsi pur di sostenere la sua causa e le sue ragioni.

    Cosa rischia la capitana della Sea Watch

    Anche se nel caso di specie, più che leggi divine, parlano da sole le leggi scritte. Parla da sola la nostra Costituzione, che tutela la vita umana e si erge a sua difesa in tutte le sue forme. Secondo l’art. 2 Cost. la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Diritti contemplati dalla stessa CEDU. Non solo. In diritto penale è bene invocare anche l’adempimento di un dovere, un’ulteriore causa di giustificazione contemplata dall’art. 51 c.p.: “L’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”.

    E le norme giuridiche di riferimento in questo caso sono contenute all’interno del diritto internazionale. Malta non potrà mai da sola essere considerata come porto sicuro ove confluire tutti i migranti.

    L’Italia è geograficamente posta in un punto predominante del Mediterraneo, ed è da sempre stata assoggettata agli approdi degli stranieri. La Sicilia, è stata storicamente terra di arabi, ove i profumi di oggi ricordano quelli vicini dell’Africa nord-sahariana.

    La storia darà ragione a Carola, o viceversa, la vedrà perduta nel suo dramma di eroina/Antigone, che, in assenza di accordi internazionali di natura politica atti ad evitare il problema alla radice, voleva apportare in terra siciliana solo un po’ di umanità.

    La stessa umanità che la nostra Costituzione ha inteso ergere a valore fondamentale. La Costituzione è la nostra legge divina, cui la stessa Magistratura, pur considerata come indipendente dagli altri poteri, è assoggettata.

    Secondo uno dei più autorevoli autori in dottrina, Antolisei, il diritto penale per lo Stato è una vera e propria Spada di Damocle. Carola ha il diritto di essere difesa, e ha diritto anche ad un equo e giusto processo. La politica, lasciamola fuori dai processi. Quid juris?

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