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    Catania, bimbo sottratto alla madre perché ritenuta troppo “aderente alle regole” e affidato al padre violento

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 18 Giu. 2020 alle 12:11 Aggiornato il 18 Giu. 2020 alle 16:08

    Bimbo sottratto alla madre perché ritenuta “troppo aderente alle regole”

    Alla mamma di un bimbo di 12 anni è stato sottratto il figlio perché giudicata “troppo aderente alle regole”. È il caso arrivato di recente alla Commissione Parlamentare sul Femminicidio e riportato dal Messaggero. Cinzia (nome di fantasia assegnato alla donna dal quotidiano che ne racconta la vicenda) fa l’insegnante di professione, e il tribunale di Catania ha deciso di affidare il figlio al padre, nonostante lui, a differenza della madre, fosse stato ritenuto dai servizi sociali “poco riflessivo, che tende a soddisfare la proprie spinte istintuali, insofferente a norme e regole”. Proprio l’uomo che ha costretto Cinzia a chiedere la separazione dopo 12 anni di ingiurie, violenze, episodi maltrattanti e umiliazioni, si legge nel racconto. Eppure una consulenza tecnica (Ctu) problematica richiesta al Tribunale ha ritenuto che Cinzia, che da Catania aveva portato il figlio con sé a Torino dopo aver ottenuto un trasferimento – l’autorizzazione del Giudice – non fosse più adatta all’affidamento.

    Così ora il bimbo è tornato a Catania con il padre, e la mamma può vederlo solo due volte al mese prendendo un aereo da Torino (e durante la pandemia ha potuto vederlo solo su Skype). Prima invece era il padre a poter vedere il bambino solo due volte a settimana, ma dalla documentazione fornita alla Commissione si evince che i servizi sociali avevano chiesto “incontri protetti per valutare la modalità che il padre utilizzava con il figlio”. A causa di questo conflitto e delle tensioni tra i genitori si era arrivati a una seconda Ctu, il cui esito poi si è rivelato del tutto inaspettato, tanto che, racconta la madre, il bambino – ormai integrato a Torino da quattro anni e abituato a vivere con lei – si oppose alla sentenza, rimanendo però inascoltato.

    “La Ctu che fu fatta nel 2018 mi descrive negativamente. Tanto per cominciare per avere anteposto a mio figlio la voglia di realizzarmi con il lavoro, piuttosto che stare a Catania. Inoltre il bambino viene descritto sofferente di vivere a Torino e addirittura gli viene diagnosticato un ‘sospetto di spettro autistico’ che la scuola non ha invece mai riscontrato. Naturalmente è stato richiesto di verificare come stava il bambino a Torino ma la Ctu non ha mai pensato di venire a verificare la vita di mio figlio in Piemonte”, ha raccontato al Messaggero la donna, che ora sta lottando con altre mamme vittime di una “violenza istituzionale” incomprensibile per tornare a riprendere in mano la propria vita, e restituire al bambino la sua.

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