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    Cosa non torna nella vicenda del 15enne ucciso da un carabiniere a Napoli

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 2 Mar. 2020 alle 10:52 Aggiornato il 2 Mar. 2020 alle 16:59

    Sono tanti, troppi i punti oscuri nella vicenda che ha coinvolto un giovane 15enne di Napoli ucciso durante un tentativo di rapina da un carabiniere domenica 1 marzo.

    Cosa ha spinto il carabiniere a premere il grilletto? Quanti colpi ha esploso? E perché ha sparato? Il carabiniere ha sparato al 15enne o ha anche inseguito il complice del tentativo di rapina? Stando alla ricostruzione ufficiale (riversata ieri in un comunicato stampa dell’Arma), durante il tentativo di rapina il 15enne gli avrebbe puntato una pistola alla tempia. Pistola che si è poi rivelata falsa.

    Nella versione dei fatti fornita dal Comando provinciale dei carabinieri di Napoli, il collega in borghese in servizio in provincia di Bologna si trovava in auto con la sua fidanzata quando a un semaforo è stato affiancato da uno scooter con a bordo due ragazzi con casco e scaldacollo che hanno estratto una pistola per ottenere l’orologio che il carabiniere portava al polso e la catenina d’oro indossata dalla ragazza.

    Quando il giovane armato gli si è avvicinato, il carabiniere si sarebbe qualificato e avrebbe quindi sparato tre colpi con la pistola d’ordinanza. Il 15enne Ugo Russo dei Quartieri Spagnoli è stato colpito da un proiettile alla testa e uno al torace. È deceduto all’ospedale Pellegrini alle 2.30. A chiamare l’ambulanza sarebbe stato proprio il carabiniere che ha aperto il fuoco.

    C’è poi da capire perché è partito un terzo colpo. Il carabiniere voleva colpire il complice? O ci sono altre motivazioni? Difeso dal penalista Mario Bruno, il 17enne ha spiegato di aver avuto paura, dopo aver visto il corpo dell’amico riverso a terra e dopo aver incrociato per un attimo lo sguardo del carabiniere con l’arma in mano.

    Bisognerà attendere le testimonianze raccolte in queste ore e le eventuali immagini raccolte dalle telecamere in zona, per comprendere la dinamica nella sua interezza.

    Ma c’è un altro particolare destinato a risultare significativo nel corso dell’inchiesta: il carabiniere dice infatti di essersi qualificato, di aver urlato “alt, sono un carabiniere”, in quella manciata di istanti che hanno fatto seguito allo scarrellamento della pistola giocattolo impugnata dal 15enne.

    Elementi che spingono ora la Procura a ipotizzare l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa a carico del carabiniere, in un’inchiesta che fa leva anche e soprattutto sull’autopsia. Saranno gli accertamenti irripetibili a stabilire quali sono i fori di entrata e quale traiettoria hanno seguito i proiettili.

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