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    Earth Day 2020: un’occasione per riflettere sul futuro della Terra dopo la pandemia

    In tempi di Coronavirus, la ricorrenza annuale dedicata all'ambiente assume un significato nuovo, e impone a riflettere su come vogliamo che sia il mondo, dopo. Quando riprenderemo a correre ed i ritmi torneranno ad essere frenetici sotto i colpi della vita quotidiana, ci ricorderemo di quello che stiamo imparando adesso?

    Di Domenico De Maio
    Pubblicato il 22 Apr. 2020 alle 08:12 Aggiornato il 22 Apr. 2020 alle 18:53

    Earth Day, il futuro dell’ambiente dopo la pandemia

    Una delle notizie più importanti di questi giorni è senza dubbio quella relativa al crollo del prezzo del petrolio sul mercato americano. Un effetto della pandemia e dell’assenza di richiesta che ha costretto i produttori ad affrontare uno shock economico senza precedenti. Sono stati costretti a pagare per smaltire le riserve. Questo fatto – insieme alla ricorrenza dell’Earth Day che quest’anno assume una valenza ed un significato completamente diverso – mi ha indotto a riflettere sul mondo post Coronavirus. Che mondo sarà? Che mondo vogliamo? Quando riprenderemo a correre ed i ritmi torneranno ad essere frenetici sotto i colpi della vita quotidiana, ci ricorderemo di tutto questo? Cosa rimarrà?

    La trasformazione era in atto, la pandemia – credo – abbia dato un’accelerata. Ci sarà un mondo più verde. Un’attenzione all’ambiente ed alla sostenibile maggiore. Un’economia circolare incentivata, un’economia dei trasporti e della produzione più sostenibile. Una consapevolezza diversa riguardo al fatto che questa Terra reagisce al nostro modo di vivere, con bruschi cambi di direzione. Una coscienza – forse – che il cambiamento climatico sia centrale per l’agenda dei governi del mondo. Tutto questo si fonda sulla speranza, è un augurio che mi faccio e che faccio a tutti noi. Però si fonda anche su dati incontrovertibili, che ho avuto modo di toccare per mano con la mia esperienza alla guida dell’Agenzia Nazionale per i Giovani. I dati – in numeri – sono i giovani. Che ovviamente sono molto di più di questo. Quanto detto, per loro è già realtà. Ed è così da molto tempo.

    Ogni anno l’Agenzia nella valutazione e nell’assegnazione dei fondi Erasmus+ e Corpo Europeo di Solidarietà ha visto – sempre più – crescere il numero di progetti presentati di solidarietà e volontariato su temi legati all’ambiente e al cambiamento climatico. Segno di un’attenzione forte da parte dei ragazzi. Un trend in crescita, proprio tra i giovanissimi. Basti pensare che dal 2018 l’Agenzia ha finanziato 178 progetti con tematiche ambientali con uno stanziamento di oltre 5 milioni di euro ed ha visto l’impegno concreto di quasi 10 mila ragazzi, tra Erasmus+ e Corpo Europeo di Solidarietà.

    Ma c’è anche un altro tema, fondamentale: il ritorno alla terra, il ritorno alle origini, fotografato dagli ultimi dati di Confagricoltura e Coldiretti. La sintesi di nuove competenze innovative in cui tanti giovani sono assoluti protagonisti e l’attaccamento ai propri territori ed alla propria comunità sta generando una nuova imprenditoria legata alla lavorazione della terra. E la pandemia, anche in questo trend, è un fattore che darà un impulso forte alla rivalutazione di ciò che è realmente necessario e di ciò che ci è più intorno. Questi due fattori, la crescente attenzione all’ambiente ed un nuovo filone imprenditoriale made in Italy, legati alla capacità ed alla visione internazionale della generazione Erasmus possono rappresentare una spinta forte per la rinascita sociale ed economica del Paese.  In definitiva, questo non è altro che un nuovo ma antico segno che la creatività, l’ingegno e la passione italiana sono unici al mondo. È il nostro soft power, ed è quello che ci consentirà di ripartire più forti di prima.

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