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Addio Poupou, maestro della piazza d’onore

Raymond Poulidor è morto oggi, 13 novembre, all'età di 83 anni

Di Simone Gambino
Pubblicato il 13 Nov. 2019 alle 18:24

La morte odierna dell’83enne Raymond Poulidor segna, per molti versi, la chiusura di un’epoca eroica: quella dei campioni nati prima della seconda guerra mondiale.

Poupou, com’era affettuosamente chiamato in Francia, fu nella prima metà degli anni ’60 l’antagonista principe del suo ben più illustre e vincente connazionale Jacques Anquetil. Quest’ultimo è tutt’ora considerato il più elegante ciclista d’ogni epoca, così perfetto nella sua azione da poter percorrere 100km a cronometro con un flute di champagne sulla schiena senza versarne una goccia.

Poulidor si contrapponeva in tutto al raffinato normanno. Lui, al contrario, non aveva tratti altolocati e sembrava proprio nato per quel ruolo di perenne secondo che la storia del ciclismo gli aveva riservato.

Punto nodale della rivalità di questi due grandi campioni transalpini fu il Tour de France 1964. Poulidor a maggio aveva vinto la Vuelta. Anquetil aveva risposto a giugno conquistando il suo secondo Giro d’Italia. Chi avesse vinto quel Tour avrebbe portato a termine una storica doppietta. Con 120km a cronometro, la Grande Boucle 1964 sembrava dovesse essere una formalità per il campione di Saint – Aignan. Jacques, forse provato dallo sforzo compiuto in Italia, patì gli attacchi in salita del Limousin, cui davan manforte anche due grandi scalatori spagnoli dell’epoca, Federico Bahamontes e Julio Jimenez.

In particolare, questo trio mise in grande difficoltà il normanno sull’ultima grande asperità di quel Tour: il Puy de Dome, il vulcano spento dell’Alvernia che sovrasta Clermont – Ferrand, l’antica Gergovia di Vercingetorige. Quel giorno Anquetil salvò per soli 14” la maglia gialla dall’attacco del rivale, che mai nella sua carriera sarebbe stato così vicino ad indossare quel simbolo del primato tanto agognato quanto sfuggente. Magra consolazione per Poupou fu la vittoria a fine anno nel Superprestige, la Challenge che sanciva il campione più completo della stagione.

Prima della Vuelta del 1964, Raymond Poulidor aveva vinto la Milano Sanremo del 1961. Le Limousin non lo ha mai saputo ma legata a questo suo improbabile trionfo c’è una pagina semi – drammatica della storia della famiglia Gambino. La Milano – Sanremo, negli anni’ 60, si correva il giorno di San Giuseppe ed era un appuntamento imprescindibile per le famiglie italiane del boom economico che si trovavano davanti all’infante televisione a mangiare bignè, incantati dal privilegio di poter vedere quello che fino a pochi anni prima dovevano sforzarsi d’immaginare.

Antonio, mio padre, sebbene avesse da tempo abbandonato le cronache sportive per occuparsi di politica estera, riteneva imprescindibile l’appuntamento con la classicissima di Primavera. Dalla vittoria di Loretto Petrucci del 1953 era cominciato per l’Italia un periodo nero in cui il dominio straniero era totale. Infatti, ci sarebbero voluti 17 anni prima che un italiano, Michele Dancelli, tornasse a vincere sul traguardo di via Roma. Puntualmente, ogni San Giuseppe dopo pranzo, prima si sperava e poi ci s’infuriava per l’ennesima delusione. La vittoria di Poulidor, in particolare, portò mio padre a cercare consolazione nei bignè. Ne mangiò ben 19 finendo al pronto soccorso per poi essere operato d’urgenza di appendicite. Una conclusione a lieto fine che più che compensava la delusione ciclistica.

La storia narra come Jacques Anquetil, scomparso prematuramente nel 1987, nell’accomiatarsi dallo storico rivale gli abbia fatto notare che “anche questa volta arriverò prima di te”. Chissà se Poupou, che sicuramente ha apprezzato il fatto che la vita gli ha restituito quello che Anquetil gli aveva tolto in bicicletta, nel ritrovare la sua nemesi si accomoderà anche questa volta ai piedi del podio?

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