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Parigi-Roubaix 2024: una chicane per frenare Mathieu?

Di Simone Gambino
Pubblicato il 6 Apr. 2024 alle 18:50 Aggiornato il 6 Apr. 2024 alle 18:50

Dopo il secondo posto d’una splendida Elisa Balsamo (Lidl Trek), sconfitta in volata dalla campionessa del mondo, la belga Lotte Kopecky (Team SD Worx), al termine della quarta edizione della Parigi-Roubaix femminile, va in scena domani la gara maschile n°122, lungo i 260 chilometri, da Compiegne al velodromo più famoso del mondo. Saranno 55.500 i metri di pavé, suddivisi in 29 settori numerati in ordine decrescente. Si tratta d’un record assoluto nell’ultracentenaria saga della corsa delle pietre. Verranno reinseriti tratti storici di ciottolato quali quelli di Viesly Briastre e Capelle Ruesnes, fermi restando i passaggi chiave quali la Foresta di Arenberg, Mons-en-Pèvèle e Carrefour de l’Arbre, gli unici tre con cinque stelle di difficoltà.

Intorno al primo di questi tratti, la Foresta di Arenberg, sono divampate negli ultimi giorni vibranti polemiche per la decisione degli organizzatori d’introdurre una chicane, stile Formula 1, allo scopo di limitare l’eccessiva velocità dei corridori. Sia Francesco Moser, tre volte primo al velodromo, che il campione del mondo Mathieu van der Poel (Alpecin Deceuninck), vincitore l’anno scorso, hanno espresso senza mezzi termini la loro contrarietà, usando dapprima toni ironici per poi passare ad altri decisamente più alterati. Pur comprendendo le forti perplessità dei due signori del pavé, quanto avvenuto negli ultimi giorni al Giro dei Paesi Baschi sembra dare decisamente ragione ad ASO, la società organizzatrice del Tour de France nonché della Parigi-Roubaix.

Dopo quanto visto domenica scorsa al Giro delle Fiandre, è difficile non pensare a un arrivo solitario della maglia iridata. E’ dal 2013, stagione in cui Ronde e Roubaix si corsero nelle stesse date di quest’anno, che nessuno completa l’accoppiata, riuscita nell’occasione alla locomotiva di Berna, Fabian Cancellara e alla quale aspira oggi il nipote di Raymond Poulidor. Realisticamente, perché qualcuno possa sconfiggerlo domani, sarà necessario che intervenga fortemente la malasorte, sempre in agguato nella corsa delle pietre. In caso contrario, se il merito sarà l’unico criterio di giudizio, il risultato finale pare già scontato. La defezione di Matej Mohoric (Bahrain Victorious) riduce ulteriormente una starting list già depauperata dagli infortuni. Mads Pedersen (Lidl Trek), vincitore su Mathieu in volata nella Gand-Wevelgem, è l’unico che al Fiandre ha tentato di fare qualcosa, uscendo allo scoperto a 100 chilometri dal traguardo, nel tentativo, non riuscito, di sorprendere van der Poel. Sono degni d’una menzione, infine, anche gli unici altri due vincitori passati in gara domani: il tedesco John Degenkolb (Team DSM Firmenich), primo nel 2015, e il tulipano Dylan van Baarle (Visma Lease a Bike), che prevalse due anni fa.

Consci del fatto che difficilmente domani vedremo sventolare il tricolore, ricordiamo i 14 successi italiani nella più iconica tra le classiche monumento. La tripletta di Moser (1978 -80) e le doppiette dello spazzacamino d’Aosta Maurice Garin (1896-97) e dell’indimenticato Franco Ballerini, nel 1995 e 1998, identificano i sommi specialisti azzurri sul pavé. Hanno inciso una volta il loro nome nell’albo d’oro altri sette corridori. Jules Rossi, il parmense che non volle mai abbandonare la cittadinanza italiana, trionfò nel 1937. Ci fu poi il tris in sequenza, dal 1949 al 1951, con i fratelli Coppi, Serse e Fausto, seguiti dal veneziano Antonio Bevilacqua: tre vittorie consecutive contemporanee a quelle di Fiorenzo Magni nel Fiandre. Nel 1966, a suggello del Tour de France vinto l’anno prima, Felice Gimondi domò le pietre. Una menzione speciale va ad Andrea Tafi, primo in maglia tricolore nel 1999 e, soprattutto, unico italiano nella storia capace di conquistare sia il Fiandre che la Roubaix. Infine, il successo più recente dal sapore, al contempo, dolce e amaro: quello di Sonny Colbrelli nell’unica edizione autunnale, il 3 ottobre 2021. In una giornata da tregenda, il campione di Desenzano riuscì a restare attaccato alla ruota di un ancora acerbo van der Poel per poi prevalere di misura in uno sprint a tre cui partecipò anche il belga Florian Vermeersch (Lotto Dstny). Come ben sappiamo, sei mesi dopo, la carriera di Sonny, ma fortunatamente non la sua vita, si chiuse inopinatamente. Il ricordo di quella vittoria, tuttavia, resterà per sempre impresso nella memoria di tutti i gli appassionati italiani di ciclismo.

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