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    Da Cacciari a Barbero, oltre 9mila firme contro lo schwa: “Così si azzerano secoli di cultura”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 8 Feb. 2022 alle 19:32 Aggiornato il 8 Feb. 2022 alle 23:41

    Lo scrittore e professore di linguistica italiana dell’Università di Cagliari Massimo Arcangeli ha lanciato una petizione online contro l’utilizzo dello schwa, e cioè la desinenza finale neutra che si usa al posto dei plurali maschili universali per promuovere un linguaggio più inclusivo.

    Con la cosiddetta ‘e rovesciata’ “si azzerano secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività”, si legge nella petizione, nata dopo la diffusione da parte del Ministero dell’istruzione di un documento ufficiale in cui viene utilizzato lo schwa per definire la categoria di professori.

    “Procedura di conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di professorə universitario di prima e seconda fascia”, recita lo stesso. Ma secondo i firmatari dell’appello la scelta del Ministero mostra come si sia di fronte ad una “pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa”.

    Il testo del documento del Ministero dell’Università

    A sottoscrivere la petizione, che ha raggiunto oltre 9mila firme in poche ore, una folta serie di accademici, giornalisti e personalità del mondo dello spettacolo e della cultura, tra cui  lo storico Alessandro Barbero, la poetessa e scrittrice ungherese Edith Bruck, il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini e il filosofo Massimo Cacciari. E ancora: il direttore di “MicroMega” Paolo Flores d’Arcais e il conduttore televisivo Michele Mirabella. 

    Secondo i firmatari i fautori dello schwa non sarebbero altro che una minoranza che “pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi”, che “esorta a sostituire i pronomi personali “lui” e “lei” con “ləi”, e sostiene che le forme inclusive di “direttore” o “pittore, “autore” o “lettore” debbano essere “direttorə” e “pittorə”, autorə” e “lettorə”, sancendo di fatto la morte di “direttrice” e “pittrice”, “autrice” e “lettrice”.

    “Ci sono voluti secoli per arrivare a molti di questi femminili. Nel latino classico “pictrix”, come femminile di “pictor”, non esisteva. Una donna che facesse la pittrice, nell’antica Roma, doveva accontentarsi di perifrasi come “pingendi artifex” (‘artista in campo pittorico’)”, si legge nella petizione.

    Lo schwa e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.) per i firmatari “non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività”, recita ancora il testo dell’appello.

    Sui social non sono mancate le critiche alla petizione, che secondi i sostenitori della ‘e rovesciata’ darebbe per scontato che la lingua sia immobile.  “Lo schwa è un segnale, ricorda più volte Vera Gheno (autrice di “Femminili singolari”, in cui si propone l’utilizzo dello schwa per marcare le forme non binarie, ndr), non una nuova norma. È una dichiarazione pubblica con cui si invita a riflettere sulla lingua a partire da una rivendicazione d’inclusività. È come lo spruzzo di vernice rosa sulla statua di Montanelli”.

    “Si sta dicendo che le statue devono essere abbattute o tinte di rosa? No, si sta dicendo che quella tradizione è paternalista, maschilista, autoritaria, gentiliana… E allo stesso modo lo schwa indica una questione: che ne facciamo di una cultura linguistica che contiene implicitamente e esplicitamente marcatori sessisti?”, ha commentato lo scrittore Christian Raimo sui social.

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