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Tutti festeggiano gli 80 anni di Mina, la “sconosciuta più famosa d’Italia”

Di Matteo Giorgi
Pubblicato il 25 Mar. 2020 alle 14:20 Aggiornato il 25 Mar. 2020 alle 14:23

Io me la vedo la nostra Anna Maria Mazzini. Lì placida sul suo divano a guardarsi magari una vecchia VHS di qualche bel film che fu, sogghignando, anche un po’ scocciata, riflettendo che oggi, in mezzo a questo disastro, tutta Italia parli di lei. Tutta Italia celebra i suoi 80 anni. Gli 80 anni della “sconosciuta più famosa d’Italia. “ come l’ha definita suo figlio Massimiliano, tenutario del suo mito.

“Hanno cominciato a bussare 8 mesi fa gli editori di libri. Ora arrivano tv, Amazon, produttori di fiction. Abbiamo detto di no a tutto. Mia madre dice che i compleanni li devono festeggiare solo i bambini” ha raccontato a Marinella Venegoni. Così: tranchant. Sono passati quasi 42 anni da quando “mamma Mina” ha preso distanza dalla mondanità mediatica (alcuni stamattina scrivevano di quanto sia stata antesignana anche in quello: sono più di 40 anni che è in casa senza lamentarsi!) a partire da quell’ultimo concerto alla Bussola. Una tournèe interrotta bruscamente per via di una polmonite che divenne uno stop definitivo alle apparizioni pubbliche.

La vita di Mina: primo e secondo tempo

La vita di Mina è divisa in tanti tempi: tanti microfilm in un unico grande racconto. Nel primo tempo la sua voce e il suo volto erano la voce e il volto della televisione tout court. L’identità nazionale passò attraverso le sue mise, le sue pettinature, il suo sorriso smagliante, la sua altezza con la quale spesso sovrastava i suoi ospiti. La messa in scena di se stessa. Una David Bowie nostrana. Trasgressiva, da un lato, per la sua condotta di vita allora controcorrente (Avere un figlio fuori dal matrimonio con un uomo sposato: roba da far morire per autocombustione i cattolici di quei tempi) ma allo stesso tempo rassicurante con la sua eleganza, la sua bonaria ironia e quella potenza vocale con la quale era perfetta in ogni contesto e in ogni genere. Liza Minelli la insegue per un suo autografo, la Streisand la considera l’unica al suo pari. E poi Fabrizio De Andrè che le riserva la più grande dichiarazione d’amore che un artista possa dare:  “Se una voce miracolosa non avesse interpretato nel 1967 “la canzone di Marinella”, con tutta probabilità avrei terminato gli studi in legge per dedicarmi all’avvocatura. Ringrazio Mina per aver truccato le carte a mio favore e soprattutto a vantaggio dei miei virtuali assistiti.”

Nel secondo capitolo Mina diventa il suo avatar, il primo della storia. Con Mauro Balletti e Gianni Ronco continua a vivere nell’immagine. La sua identità viene presa, trasformata e reinventata continuamente. Diventa un’infinità di diverse se stesse, diventa onirica, centuplicata nell’immaginario di tutti noi. È il momento in cui le copertine diventano quasi più importanti del contenuto stesso. Il momento in cui tutti dicono “Mina non si fa a vedere perché è grassissima” e lei pubblica “caterpillar” dove nella copertina straborda dai lati.

Mina e il suo bisogno di “non mostrarsi”

Nel capitolo di questi anni Mina continua a vivere nel suo condominio a Lugano: una tra tante che il sabato va al mercato del paese. Tutti sanno dove vive, tutti la vedono, la salutano, ma nessuno tradisce il suo bisogno di “non mostrarsi”. Mentre le nuove “dive” della musica italiana sono costrette a pubblicizzare mutande per sbarcare il lunario, Mina viene scelta per pubblicizzare Disney+ cantando “i sogni son desideri”. Ma soprattutto nei momenti liberi della sua nuova carriera da bisnonna torna a partorire capolavori. “Quelli del digitale ci hanno presi in giro. Il nostro ultimo disco mi ha fatto capire che dobbiamo diventare una bottega di rinascimento musicale” dice convintamente Massimilano. L’ultimo disco di cui parla è Mina / Fossati: due eroi nazionali hanno unito le forze e partorito, tra le altre, Luna Diamante, il più bel pezzo italiano del nuovo secolo. È qui che parte la sua ennesima sfida.

La rinascita della musica italiana al femminile, troppo spesso bistrattata, troppo spesso lasciata in mano ad “amiche” senza arte né parte. Nel prossimo capitolo di Mina c’è ancora la possibilità di continuare, dopo 60 anni di carriera, a scrivere la storia della musica del nostro Paese. Non è piaggeria o mielina ma è un fatto: dopo di Mina, solo il diluvio.

 

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