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Gli attori italiani fanno causa a Netflix: “Basta compensi irrisori”

Credit: AGF
Di Giovanni Macchi
Pubblicato il 9 Apr. 2024 alle 15:59

Un nutrito gruppo di attori e doppiatori italiani ha deciso di fare causa a Netflix per chiedere un compenso “adeguato e proporzionato” all’attività svolta. In prima fila ci sono Elio Germano, Valerio Mastandrea, Neri Marcorè e Michele Riondino, che in una nota si appellano alla “normativa europea e nazionale” per vedersi riconosciuta un’equa retribuzione.

A citare Netflix in giudizio presso il Tribunale civile di Roma è la società Artisti 7607, cooperativa che vede tra i propri artisti mandanti anche Pierfrancesco Favino, Valeria Golino, Diego Abatantuono, Carolina Crescentini, Claudio Santamaria, Valentina Lodovini.

Alla decisione di muovere causa contro la piattaforma si arriva “dopo oltre otto anni di sterili trattative”: Artisti 7607 spiega di vedersi “costretta a ricorrere al giudice ordinario per chiedere il rispetto della legge”.

“Una scelta doverosa per difendere la dignità professionale non solo dei nostri artisti ma di tutta la categoria”, osserva Neri Marcorè. “Non vogliamo subire atteggiamenti ostruzionistici e accettare compensi irrisori da parte delle piattaforme streaming, per le stesse ragioni che hanno motivato il recente sciopero degli attori e sceneggiatori americani. Tutti reclamiamo trasparenza dei dati di sfruttamento delle opere audiovisive e adeguatezza dei compensi”.

“Proprio le piattaforme che trattano e sfruttano dati – fa notare Elio Germano – si rifiutano, grazie al loro strapotere economico e contrattuale, di fornirci i dati previsti dalla normativa e di corrispondere conseguentemente i compensi agli artisti. E parliamo di multinazionali i cui ricavi vengono esclusivamente dallo sfruttamento di opere audiovisive”.

Michele Riondino sottolinea che “la direttiva Copyright ha chiarito che le remunerazioni degli artisti devono essere adeguate e proporzionate ai ricavi. Invece – ricostruisce – ci troviamo davanti a un sistema in cui le piattaforme, senza fornire tutte le informazioni previste dalla legge, chiudono accordi al ribasso e poi cercano di imporre le stesse cifre a tutto il mercato, così da tenere i livelli dei compensi degli artisti sempre molto bassi”.

“Ci assumiamo questa responsabilità – dice Valerio Mastandrea – perché le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro di tanti artisti e di tante generazioni. Anche quelle che verranno dopo di noi, quindi a brevissimo”.

“Gli artisti chiedono nuovamente che il Governo e le Autorità di settore prendano una posizione chiara nei confronti di questa prassi, così come è avvenuto per il settore dell’editoria”, sintetizza Paolo Calabresi.

L’attrice Carmen Giardina fa notare che “questi compensi di fatto costituiscono il salario differito di una professione per sua natura saltuaria e precaria. I diritti connessi al diritto d’autore – continua – non sono altro che un credito da lavoro. È molto grave e pericolosa questa spinta a svalutare le prestazioni artistiche degli interpreti”.

“Artisti 7607 – conclude la presidente Cinzia Mascoli – per tutelare gli interessi degli artisti, è costretta a ritardare tempi di incasso e di distribuzione sia dell’equo compenso sia della copia privata, a scapito anche delle iniziative a sostegno della categoria. Da tempo fronteggiamo prassi di mercato al ribasso ma, tenendo posizioni ferme nell’interesse di tutti, siamo riusciti ad ottenere la giusta remunerazione. Molti artisti capiscono ciò che stiamo facendo e continuano a sceglierci”.

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