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Kiev dice No all’Europa. Ovvio!

L'esito scontato delle proteste di piazza ucraine

Di Livio Ricciardelli
Pubblicato il 25 Nov. 2013 alle 15:38

“Proteste di piazza di questa portata non le si vedeva da nove anni, dai tempi della rivoluzione arancione”.

E’ questa la frase che gran parte dei commentatori europei riserva alla manifestazione di Kiev contro il presidente Vicktor Yanukovich, reo di non aver firmato un trattato di partneriato tra la Repubblica Ucraina e l’Unione Europea.

Non bisogna però essere dei gli esperti di Europa centro-orientale per capire al volo che in realtà si tratta…perlopiù di un falso scoop.

La complessa, ma al tempo stesso lineare, vicenda della rivoluzione arancione ucraina si basa proprio sul continuum Russia-Europa. A seguito del lungo “regno” di Kuchma (since 1991) lo scenario politico ucraino si divideva tra filo-occidentali (Yushensko…non Timoshenko!) e filo-russi (Yanukovich, delfino di Kuchma e degli interessi moscoviti). Dopo la vittoria alle presidenziali dei filo-russi, movimenti di piazza ed oceaniche manifestazioni (col supporto americano dedotto da sconsiderati editoriali redatti da quotidiani nostrani) si arrivò ad una ripetizione del voto nel dicembre 2004 con la vittoria, questa volta, del povero Yushenko (già sfigurato in volta per un tentativo di avvelenamento da parte dei russi).

Dopo qualche dissidio con la Yulia nazionale, il Presidente della Repubblica nominò la pasionaria di Kiev primo ministro. Prima di un tracollo politico, dovuto alle scorte di gas russo sempre residuali e dal boicottaggio di Mosca alle velleità autonomistiche ucraine, tornò in sella Yanukovich. Timoshenko in cella (dove si trova tutt’ora) e Yushenko (chi vi scrive ha avuto l’occasione di conoscerlo personalmente) scomparso dalla scena politica.

Poi, un giorno, a Kiev si scenda in piazza perché Vicktor Yanukovich non si dichiara abbastanza filo-europeo. Lapalissiano. Casomai, la vera notizia delle ultime settimane, è che il Presidente ucraino abbia solo pensato, anche per un secondo, di mollare Mosca per Bruxelles. Oppure che l’opinione pubblica nazionale ci è cascata ancora una volta.

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