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Australia: l’amnistia sulle armi ha funzionato e questi numeri lo dimostrano

Tra gli oggetti consegnati 2.500 armi automatiche e un lanciarazzi

Dal 1996 il governo ha avviato una politica rigorosa, che ha dato i suoi frutti: in 22 anni zero sparatorie e crollo del tasso di omicidi. Un modello per gli Stati Uniti?

Di Enrico Mingori
Pubblicato il 3 Mar. 2018 alle 11:54 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:30

C’è un paese, l’Australia, che venti anni fa ha cambiato rotta nella sua politica di controllo sulle armi, adottando misure più severe. I risultati sono arrivati. Da allora, nel paese, non si è più verificata nessuna sparatoria.

Proprio in questi giorni, mentre negli Stati Uniti il tema dell’accesso alle armi è tornato al centro del dibattito pubblico, il governo di Canberra ha diffuso i dati dell’amnistia sulle armi non registrate emanata nel 2017.

In tre mesi i cittadini australiani hanno consegnato alle autorità oltre 57mila armi detenute illegalmente. L’amnistia è durata tre mesi, dal primo luglio al 30 settembre 2017, ed è stata emanata come risposta al traffico illecito di armi nel Paese e alla minaccia del terrorismo.

L’obiettivo era quello di ridurre il numero di armi illecite consentendo alle persone di consegnarle senza timore di essere perseguite.

Le armi consegnate sono state per la precisione 57.324. Tra queste, quasi 2.500 armi automatiche e semi automatiche, 2.900 pistole, numerose mitragliatrici e un lanciarazzi che si ritiene sia stato trovato in una discarica.

Circa un terzo degli oggetti consegnati è stato distrutto, mentre la restante quota è stata registrata o rimessa in commercio.

In Australia è illegale possedere un’arma da fuoco non registrata: per i trasgressori sono previste multe fino a 280mila dollari e fino a 14 anni di carcere.

L’ultima amnistia per il possesso illegale di armi proclamata dal governo risale al 1996, dopo il massacro di Porth Arthur, che vide uno squilibrato armato uccidere da solo 35 persone. In quell’occasione furono consegnate alle autorità 650mila armi.

Da allora, nel paese, nel paese le sparatorie si sono azzerate. Non solo: nei dieci anni successivi il tasso di omicidi è calato del 20 per cento.

Nel 2014, l’ultimo anno per il quale sono disponibili le statistiche finali, il tasso di omicidi in Australia è sceso a meno di uno ogni 100mila persone: un dato pari a un quinto delle dimensioni di quello americano.

Negli Stati Uniti, dopo la strage nella scuola di Parkland, il presidente Donald Trump ha annunciato che saranno adottate misure molto più severe sulla vendita e controlli più stringenti sui possessori.

Tuttavia, secondo Chris Cox, capo lobbista della US National Rifle Association (l’associazione dei costruttori armi), Trump avrebbe già cambiato idea in proposito, tornando su posizioni più favorevoli al libero accesso alle armi.

Il governo australiano si rifiuta di esprimere valutazioni sull’opportunità che gli Stati Uniti e altri Stati debbano seguire l’esempio dell’Australia: “Non ho intenzione di dare consigli ad altri Paesi, questo funziona per noi”, ha dichiarato il ministro delle Forze dell’ordine, Angus Taylor.

Il ministro si è detto soddisfatto del numero di armi consegnate in occasione dell’ultima amnistia. “Abbiamo raggiunto un risultato molto, molto buono”, ha commentato.

“Rimuovere queste armi da fuoco non registrate dalle strade significa che queste non cadranno nelle mani dei criminali, che potrebbero usarle per mettere in pericolo la vita di innocenti australiani”, ha aggiunto.

La polizia stima che nel Paese ci sia un mercato clandestino di volume pari a circa 260mila pistole illegali. Ma la maggior parte di queste armi si considerano provenienti dal cosiddetto mercato grigio, ossia quello che riguarda armi non registrate secondo la legge.

Nel 2014 un uomo che aveva manifestato il proprio sostegno all’Isis si barricò con degli ostaggi in un caffè di Sydney armato con un fucile proveniente dal mercato grigio delle armi. L’uomo e due ostaggi furono uccisi in una sparatoria con la polizia.

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