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Sospendere i brevetti aumenterebbe davvero la produzione di vaccini anti-Covid19?

Credit: Pixabay
Di Vittoria Vardanega
Pubblicato il 13 Mag. 2021 alle 13:57

Mercoledì 5 maggio l’amministrazione Biden ha annunciato che gli Stati Uniti sono favorevoli a negoziare un accordo in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) per sospendere i brevetti dei vaccini anti-Covid19, sostenendo una proposta avanzata presso l’Omc da India e Sudafrica già ad ottobre 2020. L’annuncio è arrivato in un momento in cui la necessità di somministrare più vaccini a livello globale è resa quanto mai evidente dall’aumento di infezioni registrato in India nelle ultime settimane (quasi 400mila nuovi casi e 4mila decessi al giorno).

Aumentare la disponibilità di vaccini in Paesi che finora sono riusciti a ottenerne un numero limitato conviene anche a chi, al contrario, ha già vaccinato gran parte della popolazione, come Stati Uniti e Regno Unito, dove circa un terzo degli abitanti sono stati completamente vaccinati, e circa due terzi hanno ricevuto almeno la prima dose. Sappiamo infatti che più a lungo il virus continuerà a spargersi, più muterà, dando vita a nuove varianti contro le quali i vaccini esistenti potrebbero rivelarsi meno efficaci, mettendo a rischio ulteriori vite e ritardando la fine della pandemia.

Proprietà intellettuale e brevetti

Quando una compagnia concepisce e realizza un nuovo prodotto farmaceutico, deposita un brevetto che ne protegge la proprietà intellettuale per un determinato periodo di tempo (solitamente 20 anni), durante il quale l’azienda è l’unica autorizzata a commercializzare il nuovo prodotto. L’esclusiva permette di ripagare l’investimento iniziale in ricerca e sviluppo, e ovviamente ricavarne un profitto. Questa prospettiva fornisce alle compagnie un incentivo ad assumersi i rischi e i costi associati all’innovazione.

Una volta terminata la durata del brevetto, altre compagnie possono realizzare e vendere lo stesso prodotto nella sua versione “generica”: stesso farmaco, ma con un altro nome e un prezzo solitamente molto più basso. Ma, nella corsa a produrre più vaccini anti-Covid19 (e distribuirli più equamente), la proprietà intellettuale è solo uno degli ostacoli presenti e, secondo molti, non il più importante. Altre misure sarebbero più efficaci, perlomeno nel breve periodo.

La presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in risposta all’annuncio statunitense ha dichiarato che l’Unione europea (che agisce come un attore singolo presso l’Omc, proprio tramite la Commissione) è pronta a discutere la proposta, aggiungendo però: nel breve periodo “invitiamo tutti i paesi produttori di vaccini a consentire l’esportazione e ad evitare misure che possano perturbare le catene di produzione”.

Per inquadrare meglio il dibattito sui brevetti è quindi necessario chiedersi: quanti vaccini stiamo producendo, e perché è così complicato aumentarne la produzione rapidamente?

Quanti vaccini si stanno producendo?

Il Global Health Innovation Center della Duke University, sulla base delle proiezioni rese pubbliche dai vari produttori di vaccini, ha stimato che nel 2021 potrebbero venir prodotte oltre 12 miliardi di dosi, sufficienti a vaccinare 6,5 miliardi di persone, pari a circa l’80% della popolazione mondiale. Le proiezioni della compagnia Airfinity sono meno ottimiste, ma prevedono comunque una produzione sufficiente a vaccinare circa il 70% della popolazione, con poco meno di 9,5 miliardi di dosi.

Fonte: Duke University

In ogni caso, si tratta di cifre al momento ancora lontane: le dosi prodotte nei primi quattro mesi dell’anno sono sufficienti solo per l’8,1% della popolazione, e anche considerando che il ritmo di produzione è in continuo aumento, secondo alcuni esperti non arriveremo al 70% perlomeno fino alla fine del 2022, non del 2021.

Perché è difficile aumentare la produzione dei vaccini?

Nel caso dei vaccini a mRNA prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna, ci sono alcuni ostacoli specifici. Prima di tutto, poche compagnie producono alcuni dei loro componenti essenziali (specialmente nucleotidi, enzimi e lipidi, come riportato dalla rivista Nature), e non a un livello sufficiente per soddisfare la domanda globale (anche se alcune compagnie stanno ampliando la loro produzione).

Inoltre, manca il personale specializzato: dal momento che la tecnologia mRNA è nuovissima, poche persone sanno utilizzarla, e la sospensione dei brevetti non obbligherebbe a insegnarla ad altri. Anche per questo, secondo Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna, un’eventuale deroga ai brevetti “non cambierebbe niente” per la compagnia. Del resto, la casa farmaceutica aveva già annunciato ad ottobre 2020 che non avrebbe fatto valere i propri diritti di proprietà intellettuale fino alla fine della pandemia.

Ostacoli simili (carenza dei materiali necessari, e di conoscenze specifiche) si registrano anche per gli altri vaccini. Gran parte dei componenti dei vaccini sono già impiegati nella produzione degli stessi. Inoltre, come ha fatto notare il presidente francese Emmanuel Macron, gli Stati Uniti hanno imposto un divieto di esportare alcuni di questi componenti ad altri paesi. Macron ha esortato l’amministrazione Biden a rimuovere questo divieto, considerandolo una priorità rispetto alla questione dei brevetti.

Anche riconvertire una fabbrica per adibirla alla produzione dei vaccini non è semplice, come dimostrato da quanto è accaduto a Baltimora, dove 15 milioni di dosi sono state rese inutilizzabili a causa di un errore umano. Infine, diverse case farmaceutiche che normalmente sarebbero in competizione tra loro stanno già collaborando per incrementare il ritmo di produzione.

Per citare un paio di esempi: il Serum Institute di Pune, in India, produrrà un miliardo di dosi per AstraZeneca e un miliardo per Novavax, mentre l’università della Pennsylvania, che possiede parte della proprietà intellettuale relativa ai vaccini mRNA, sta supportando l’università di Chulalongkorn a Bangkok per sviluppare una struttura in grado di produrre vaccini.

Sospensione brevetti: tesi a favore e tesi contraria

Secondo chi sostiene la deroga ai brevetti, questa misura consentirà ad altre compagnie di produrre vaccini anti-Covid19, risolvendo o comunque alleviando l’attuale scarsità di questa risorsa, e contribuendo al monumentale obiettivo di vaccinare l’intera popolazione mondiale.

Inoltre, come sottolineato anche dal premier italiano Mario Draghi, molti dei vaccini attualmente in commercio sono stati sviluppati grazie a ingenti sovvenzioni pubbliche; sembra quindi giusto che questo investimento venga ripagato fornendo un servizio in parte pubblico, con un obiettivo diverso dal profitto.

Va notato tuttavia come, ad esempio, il vaccino prodotto da AstraZeneca sia già venduto a un prezzo “no-profit”, ovvero sufficiente a coprire le spese di produzione ma non abbastanza alto da ricavarne un profitto.

Chi invece è contrario alla deroga sostiene che limitare i profitti dei produttori potrebbe disincentivare la creazione di tecnologie innovative in futuro, perché verrebbe a mancare quel meccanismo (ovvero l’esclusività offerta dal brevetto) che rende attrattivo, per le compagnie, investire in ricerca e sviluppo. Questa è l’argomentazione utilizzata, tra i tanti, anche da Bill Gates.

Altri, invece, pur non dichiarandosi contrari alla sospensione, sostengono che ci siano misure più efficaci per aumentare la produzione dei vaccini. Come riportato più in alto, Macron ha invitato l’amministrazione Biden a porre fine al divieto di esportare alcuni componenti utilizzati nella catena di produzione dei vaccini, e ha anche esortato gli Stati Uniti ad esportare vaccini direttamente. Come si vede nella figura in basso, infatti, questo paese non ha esportato nessuna delle dosi prodotte nel suo territorio.

Fonte: Airfinity

Cosa bisogna fare allora?

Nessuno si aspetta che sospendere i brevetti possa far comparire milioni di nuove dosi da un giorno all’altro, ma nel lungo periodo, uno scenario in cui la proprietà intellettuale dei principali vaccini è disponibile gratuitamente potrebbe sul serio permettere di aumentarne la produzione, e probabilmente anche abbassare il prezzo delle dosi, rendendo l’accesso più equo.

Nel breve periodo, tuttavia, questo potrebbe non essere sufficiente (e soprattutto non abbastanza rapido), se non si risolvono altre problematiche, come la carenza di materiali e personale specializzato.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha esortato a una maggiore collaborazione tra compagnie farmaceutiche per assicurare che la capacità produttiva venga impiegata al massimo, citando come esempio l’accordo grazie al quale Merck ha cominciato a produrre vaccini Johnson & Johnson. Accordi bilaterali come quello tra AstraZeneca e il Serum Insitute sono un altro esempio di collaborazione citato dall’Oms, che ne ha però lamentato la scarsa trasparenza.

Infine, come terza opzione, l’organizzazione invita università e compagnie ad autorizzare la produzione dei loro vaccini da parte di terzi, utilizzando un meccanismo globale (“Coordinated technology transfer”) supervisionato dall’Oms stessa, che si occuperebbe anche di facilitare il training del personale e coordinare l’investimento nelle infrastrutture necessario.

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