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“Mi sono ammalato per colpa del cellulare, ora insegno ai ragazzi come stare attenti”

Intervista a Roberto Romeo, che ha perso l'udito a un orecchio per un tumore che, secondo i giudici di Ivrea, è collegato all'uso eccessivo del cellulare

Di Anna Ditta
Pubblicato il 18 Gen. 2019 alle 18:13 Aggiornato il 14 Gen. 2020 alle 16:23

Il cellulare fa male? Effetti nocivi del telefonino sulla salute? La testimonianza

“Sono fortunato a essere qua, potevo anche non esserci”. Roberto Romeo è un dipendente Telecom colpito tempo fa da un neurinoma dell’acustico.

Ad aprile 2017 ha ottenuto il riconoscimento della malattia professionale da parte del tribunale di Ivrea, che, dopo una consulenza tecnica d’ufficio, ha sancito la probabile correlazione tra l’uso intenso del telefonino per lavoro e il tumore che l’uomo ha sviluppato.

Oggi Romeo, che è membro dell’A.P.P.L.E. (Associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog) commenta positivamente la decisione del Tar del Lazio di ordinare alle istituzioni una campagna informativa su rischi per la salute derivanti dall’uso degli smartphone.

Il Tar ha accolto infatti sul punto il ricorso dell’Associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog: i ministeri dell’Ambiente, della Salute e dell’Istruzione, entro sei mesi, dovranno provvedere ad adottare una campagna informativa sulle corrette modalità d’uso di telefoni cellulari e cordless e sui rischi per la salute e per l’ambiente connessi ad un uso improprio di questi apparecchi.

Ora Romeo e i suoi avvocati, Renato Ambrosio e Stefano Bertone, attendono di conoscere l’esito del processo di secondo grado. Intanto, hanno iniziato ad andare nelle scuole per fare prevenzione. TPI.it ha intervistato Roberto Romeo per farsi raccontare la sua esperienza.

Signor Romeo, lei ha iniziato a parlare nelle scuole dei rischi dell’uso improprio del cellulare. Come sta andando?

Dal 2017 insieme all’avvocato Bertone abbiamo iniziato a fare formazione ai ragazzi. Inizialmente avevamo un po’ di remore, perché comunque si va a toccare uno strumento particolarmente interessante per loro. Invece poi alla fine ci hanno fatto anche l’applauso.

A noi interessa parlare del cellulare, non lo vogliamo demonizzare. Non vogliamo che sia spento sempre, ma che ne sia limitato l’uso.

Spieghiamo ai ragazzi che si chiama cellulare perché lavora attraverso le celle, forniamo un minimo di spiegazioni tecniche. Facciamo vedere dei filmati, gli mostriamo telefoni fissi e cordless (che sono come i cellulari, quindi a quel punto se usi il cordless è inutile avere il fisso a casa).

Poi mostriamo loro le sigarette: 50 anni fa una pubblicità sosteneva che fumassero tutti, persino negli ospedali, oggi sappiamo cosa c’è scritto sul pacchetto.

Forse ci vuole ancora qualche anno, affinché gli studi vadano avanti e accertino se questo danno da cellulare c’è o non c’è, ma intanto noi possiamo fare prevenzione.

Come si può fare prevenzione in questo caso?

Attraverso le “buone regole” del professor Levis, che si trovano sul sito dell’associazione.

La prevenzione si fa soprattutto imparando a spegnere il cellulare quando non serve, come quando dormiamo o mentre siamo a scuola.

Purtroppo non abbiamo più la padronanza per dire: questo è il momento in cui lo devo spegnere. Spesso si va a mangiare col cellulare sul tavolo, oltre a un problema di salute diventa un problema sociale. Ci sono degli abusi che invece si possono evitare.

Ci racconta la sua esperienza personale?

Sono entrato a lavorare nel 1980 in Telecom Italia. Ho sempre fatto il lavoro di assistente tecnico.

Dopo il 1995, per agevolare le nostre comunicazioni col tecnico mentre riparava il telefono guasto, abbiamo iniziato ad utilizzare i cellulari Etacs. Nel 2000 sono arrivati i cellulari Gsm.

Fino al 2010 ho continuato a utilizzare i cellulari per 3/4 ore al giorno, con telefonate lunghe. Lo tenevo appoggiato alla spalla, con le mani libere per leggere le monografie. Chi ti diceva che poteva far male?

Nel 2010 è saltato fuori che non ci sentivo più bene da un orecchio. Dopo vari controlli è risultato che avevo questa “pallina da ping pong” attaccata al nervo acustico, il neurinoma dell’acustico.

Non è stato possibile intervenire con la radioterapia, perché ormai era troppo grande. L’unica soluzione era quella dell’intervento, cui mi sono sottoposto un anno dopo. Asportando il neurinoma si è leso il nervo acustico, per cui da destra non ci sento più.

Hanno toccato il nervo facciale, per cui ho ancora qualche problema. Come complicanza dell’intervento ho avuto anche una meningite. Poi mi sono ripreso e ho continuato a lavorare.

Il legame tra l’uso del cellulare e la sua malattia è accertato?

Secondo il consulente tecnico d’ufficio che lo ha valutato nel processo di primo grado sì. Ma anche secondo il professor Levis, fondatore di Apple Elettrosmog, e altri medici che studiano gli effetti delle onde elettromagnetiche sul nostro corpo.

Io usavo sempre il telefono a destra e ho avuto il neurinoma a destra. Anche altri colleghi lo hanno avuto. Uno che è mancino lo ha avuto a sinistra, perché teneva il telefono a: queste sono ulteriori conferme che ho avuto.

Il neurinoma è un tumore benigno, ma altri colleghi hanno avuto il glioblastoma, che è una forma maligna, e sono morti.

Secondo lei oggi si inizia ad avere maggiore consapevolezza sull’argomento?

Ormai è un po’ che se ne parla sui giornali, alla televisione, quindi la gente dovrebbe sapere.

Quelli più a rischio sono i ragazzi, che fin da piccoli chiedono il cellulare ai genitori.

Ma nessuno del ministero, come ha detto ora il Tar del Lazio, dice che fa male. Nelle scuole nessuno è andato a informare, eccetto il sottoscritto.

Invece la questione dovrebbe essere istituzionalizzata, come in Francia. Se sono le istituzioni a fare prevenzione, diventa più facile per un genitore dire di no al ragazzino sul cellulare.

Ma prima ancora vanno formati i genitori, che sono l’esempio. Se il figlio vede il genitore tutto il giorno al cellulare diventa difficile dirgli che fa male.

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