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È vero che chi beve caffè vive più a lungo?

Credit: Reuters

Due nuovi studi effettuati su più di 700mila persone mostrano gli effetti benefici della bevanda, ma secondo alcuni ricercatori non evidenziano un vero e proprio nesso causale

Di Andrea Lanzetta
Pubblicato il 12 Lug. 2017 alle 12:04

Nel mondo ogni giorno vengono bevute oltre due miliardi di tazzine di caffè. Ma quando i medici ne parlano, lo fanno per invitare chi ne fa uso alla moderazione.

Eppure due recenti studi – uno condotto negli Stati Uniti su 186mila americani e uno in Europa che ha coinvolto 520mila persone in dieci paesi diversi – mostrano una relazione tra l’assunzione della bevanda e il rischio di morte e di contrarre malattie fatali.

Nel primo studio sono stati coinvolti cittadini statunitensi afroamericani, nativi, hawaiani, di orgine asiatica, sud americani e di origine europea. Gli intervistati che consumavano due o più tazze di caffè al giorno avevano una probabilità di decesso inferiore del 18 per cento rispetto agli altri.

Il secondo studio mostra una relazione inversa tra l’assunzione della bevanda e il tumore al fegato, il suicidio, patologie dell’apparato digerente e malattie cardiocircolatorie. Questa ricerca, la più estesa in questo ambito, è stata condotta dall’International Agency for Research on Cancer (Iarc) e dall’Imperial College di Londra ed è durata 16 anni.

“Abbiamo scoperto che un consumo di caffè più elevato è correlato a un rischio di morte più basso per tutte le cause, in particolare per malattie cardiovascolari e dell’apparato digerente”, ha dichiarato Marc Gunter, ricercatore dello IARC, coautore dello studio.

Il consumo maggiore di caffè è stato rilevato in Danimarca mentre il minore è quello della popolazione italiana. I danesi bevono quasi 900 millilitri al giorno di questa bevanda, nello stivale invece non si raggiungono i 92 millilitri al giorno.

“Il dato più importante è che questi risultati sono simili per tutti i dieci paesi europei, con abitudini di consumo tra loro molto differenti”, ha aggiunto Gunther. Nei 16 anni in cui è stato condotto lo studio, oltre 40mila persone sulle 520mila coinvolte nello studio sono morte per diverse cause tra cui malattie circolatorie, scompenso cardiaco e ictus, mentre, in un sottoinsieme di 14mila soggetti, è stato rilevato dai ricercato un fegato più in salute rispetto ai non bevitori.

Ma il caffè non è necessariamente il fattore di differenziazione che riduce il rischio di morte prematura. Non esiste un nesso causale tra consumo di questa bevanda e salute.

Secondo la Bbc, i due studi non considerano altri fattori importanti come lo status socioeconomico e le abitudini sociali degli intervistati. Alberto Ascherio, professore di epidemiologia della Harvard T.H. Chan School of Public Health avverte di non prendere troppo sul serio questi dati.

Le persone che evitano il caffè, soprattutto in luoghi come gli Stati Uniti e l’Europa dove berlo è molto comune, lo fanno perché hanno già problemi di salute e ne conoscono i rischi. Insomma il tasso di mortalità più elevato di chi non assume caffè potrebbe essere più alto per altri motivi.

“Se posso diminuire le probabilità di morire del 10 per cento bevendo caffè allora è un messaggio pericoloso perché suggerisce, per esempio a un fumatore, che può combattere i rischi del suo comportamento sbagliato, assumendo una bevanda”, ha dichiarato Ascherio.

“Il messaggio di fondo è che bere un paio di tazze di caffè al giorno non fa male e in realtà, potrebbe anche fare bene”, conclude Marc Gunther, coautore dello studio europeo.

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