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    Vilipendio al Capo dello stato, come si configura e cosa prevede il reato previsto dall’art. 278 del Codice penale

    Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. / Afp photo / Lehtikuva / Jussi Nukari

    Il reato che si configura per chi insulta o offende il Capo dello stato è disciplinato dall'art. 278 del Codice penale, dal titolo "Offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica"

    Di Gianluigi Spinaci
    Pubblicato il 29 Mag. 2018 alle 13:40 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:21

    A partire dalla sera del 27 maggio 2018 sono cominciati a spuntare in rete, in particolare sui social network, messaggi contenenti pesanti insulti e perfino minacce di morte nei confronti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

    Gli attacchi al Capo dello stato sono partiti dopo il fallimento del tentativo di far nascere il governo a guida M5s e Lega, a causa del rifiuto di Mattarella di nominare come ministro dell’economia Paolo Savona e della rinuncia all’incarico da parte del premier designato Giuseppe Conte.

    La Polizia postale sta monitorando i siti web e i social per verificare i comportamenti e le dichiarazioni minacciose nei confronti del Presidente della Repubblica, che costituiscono reato perseguibile d’ufficio, e segnalarli all’autorità giudiziaria.

    Il reato che si configura per chi insulta o offende il Capo dello stato è disciplinato dall’art. 278 del Codice penale, dal titolo “Offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica“.

    L’articolo recita: “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

    La ratio della norma è la tutela dell’onore e del prestigio legati alla persona del Capo dello Stato, presidio costituzionale delle istituzioni dello Stato italiano.

    Per quanto attiene al concetto di onore, esso rappresenta un bene che attiene strettamente alla sfera morale del Presidente inteso come individuo.

    Il prestigio riguarda invece il particolare decoro riferito all’intangibilità della sua posizione istituzionale.

    Perché si configuri il delitto di vilipendio del Capo dello stato, è sufficiente qualunque espressione o rappresentazione idonea a menomare il prestigio del Presidente della Repubblica.

    Risulta irrilevante accertare se l’offesa sia arrecata al Presidente della Repubblica in rapporto all’istituzione che rappresenta o piuttosto in relazione alla sua persona privata, poiché, anche in quest’ultima ipotesi, è indubbia l’offesa al decoro della persona investita della funzione.

    Per la configurabilità del reato non è richiesto il dolo specifico, quindi l’intenzione di offendere l’onore ed il prestigio del Capo dello Stato, ma basta il dolo generico, la consapevolezza cioè dell’obiettiva idoneità dell’espressione o dello scritto a menomare il rispetto da cui deve essere circondato il Presidente della Repubblica.

    Riguardo alla possibilità di esercitare un legittimo diritto di critica nei confronti del Capo dello Stato, essa costituisce un corollario del principio della libertà di manifestazione del pensiero ed è garantito dalla Costituzione all’art. 21.

    Questo legittimo diritto di critica trova come unico limite la violazione del decoro e del prestigio del Capo dello stato.

    Leggi anche: Mattarella minacciato di morte sui social: “Dovremmo fargli fare la fine del fratello”

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