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    Libertà di striscione: stiamo un po’ esagerando

    Matteo Salvini, vicepremier, ministro dell'Interno e leader della Lega. Credit: Massimiliano Ferraro/NurPhoto
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 13 Mag. 2019 alle 19:46

    Striscioni contro Salvini  | Dunque lo striscione di Brembate metteva a repentaglio l’ordine pubblico. “Non sei il benvenuto”, recitava, anche se, nella storia sterminata delle invettive repubblicane, è quasi uno slogan da educande.

    È vero che negli anni Settanta Carlo Conticelli, direttore della libreria Feltrinelli di via del Babuino fu addirittura denunciato perché Giangiacomo (l’editore padre) aveva avuto la brillante idea di commercializzare delle bombolette di vernice spray con la scritta: “Dipingi di giallo il tuo poliziotto” (oltraggio a pubblico ufficiale).

    Ma è anche vero che tutti hanno potuto contestare tutto in questi anni: l’assalto a Luciano Lama alla Sapienza (fu l’acme degli scontri di piazza), le corna di un presidente della Repubblica (Giovanni Leone) agli studenti che lo insultavano, la contestazione a Sandro Pertini raggiunto al capezzale dello studente di destra Paolo Di Nella da una militante del Fronte della Gioventù (lei non fu fermata, lui l’ascoltò e si commosse), per non parlare delle monetine del Raphael per Bettino Craxi, del modellino del Duomo tirato in faccia a Silvio Berlusconi (un vero recordman) e persino – per passare al calcio – della celebre risposta dei tifosi del Napoli a quelli Verona.

    Questi avevano scritto “Vesuvio lavali!”. I napoletani avevamo replicato: “Giulietta è una zoccola”. Se fosse stato sequestrato sarebbe stato un danno alla storia della poesia.

    Il Cavaliere, pochi lo ricordano, era inseguito in tutte le piazze dai centri sociali, e anche (ancor meno lo ricordano), da un giovane Roberto Giachetti che – vestito da coniglio – gli ricordava di non sottrarsi al confronto tv con Rutelli. Berlusconi scappò dal confronto, ma il Giachetti-coniglio lo inseguì in ogni piazza d’Italia. Nessuno lo fermò.

    Matteo Salvini (quando non era ministro) fu contestato a Bologna da un ragazzo dei centri sociali che salì in piedi sulla sua macchina, addirittura incrinando il vetro.

    Per quale motivo adesso accetta (o chiede) che la Digos rimuova questo e altri innocui striscioni? Non è la contestazione che svaluta il leader (vedi i fischi che hanno dato lustro a Virginia Raggi). Ma, piuttosto, è la capacità di incassare che lo fa grande.

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